Mentre l’Italia continua a combattere con il Covid, non si fermano i viaggi della disperazione nel Mar Mediterraneo. Tra le scene con ambulanze, operatori sanitari bardati, ospedali al collasso e il suono continuo delle sirene, mercoledì scorso si è alzato l’urlo di una madre. “I loose my baby, I loose my baby”. “Ho perso il mio bambino”, urlava di continuo agitandosi, durante l’ennesimo naufragio nel Mediterraneo. Gridava disperata da un gommone mentre il suo piccolo di sei mesi, Youssef, affondava insieme ad altre 5 persone. I loro corpi sono stati recuperati da Open Arms, che ha pubblicato il video di quei momenti vissuti durante le operazioni di soccorso. Lo strazio di quella madre ha ricordato che mentre qui si lotta per contenere la pandemia, c’è chi continua a scappare dalla propria terra per sfuggire alle guerre e alla povertà, anche a costo della vita.
Abbiamo riflettuto se fosse il caso di mostrare il grido del naufragio, il dolore e la disperazione.
Abbiamo deciso di rendere pubblico quello che accade in quel tratto di mare perché i nostri occhi non siano i soli a vedere e perché si ponga fine a tutto questo subito. #Joseph pic.twitter.com/exny2hYi8q— Open Arms IT (@openarms_it) November 12, 2020
Sono 110 le persone che Open Arms è riuscita a trarre in salvo. Youssef, purtroppo, recuperato dalle acque del Mediterraneo, non ce l’ha fatta. Era partito dalla Guinea con la sua mamma. “Avevamo chiesto per lui e per altri casi gravi un’evacuazione urgente, ma non ce l’ha fatta ad aspettare”, hanno comunicato su Twitter i soccorritori.
“Siamo partiti dalla Guinea Conakry alcune settimane fa. Mio marito è rimasto lì, voleva prima mettere in salvo noi e poi ci raggiungerà“, è il racconto di Joanna, 20 anni, la mamma del piccolo Youssef. Lo ha riportato Repubblica. “Ci hanno fatto salire – prosegue – su quel gommone la mattina del 10 novembre, abbiamo navigato un giorno e una notte poi siamo rimasti senza benzina. Pensavamo di morire tutti e io stringevo Joseph al petto per non farlo piangere”. Youssef, però, le è scivolato dalle braccia. Recuperato dal mare, aveva dato segnali di ripresa. Poi, dopo poche ore dal soccorso, è deceduto.
Il suon corpicino si trova ora al cimitero di Lampedusa. Don Carmelo La Magra, parroco dell’isola, su Facebook ha pubblicato la foto della bara e ha scritto: “Caro Youssef, nei tuoi sei mesi di vita, niente avesti da bambino, né una culla, nè giochi, nè serenità o pace. Ora da bambino non hai nemmeno la bara. Sei mesi e mai hai potuto essere bambino, come la tua mamma giovanissima e già al colmo del dolore. Noi oggi e sempre, qui, siamo la tua famiglia. Ci vediamo in cielo dove saremo bambini per sempre”.
Caro Youssef, nei tuoi sei mesi di vita, niente avesti da bambino, né una culla, nè giochi, nè serenità o pace.
Ora da…Pubblicato da Carmelo la Magra su Giovedì 12 novembre 2020
All’indomani della tragedia in cui ha perso la vita Youssef, un’altra barca alla deriva con 64 persone a bordo e segnalazioni nelle ultime ore di altri migranti in mare in attesa di soccorso.
Questa notte, dopo aver soccorso barca alla deriva con 64 persone, abbiamo ottenuto evacuazione d’urgenza con elicottero @guardiacostiera per 6 persone. Oggi il ponte #openarms ospita 257 persone e i corpi senza vita di 5 esseri umani.
Il #Med è un cimitero senza lapidi. pic.twitter.com/In6BK0tTsU— Open Arms IT (@openarms_it) November 12, 2020
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