Da icona della democrazia a complice del genocidio di una minoranza etnica, Aung San Suu Kyi, la leader di governo arrestata nel golpe militare in Birmania, alle elezioni di novembre scorso era riuscita a portare alla vittoria con circa l’80% dei voti il suo partito, la Lega nazionale per la Democrazia, già al potere dal 2015.
Per la legge birmana Suu Kyi non può essere presidente perché i suoi figli sono di nazionalità straniera, quindi ufficialmente era stata nominata Consigliera di Stato, carica appositamente creata. Di fatto, però, è stata lei a capo del governo fino alla destituzione di oggi.
Figlia dell’eroe dell’indipendenza del Myanmar, nel 1947 perse il padre, Gen Aung San, assassinato l’anno prima che il Paese si liberasse dal controllo della Gran Bretagna.
Nata nel 1945, nel 1960 Suu Kyi si trasferì a Nuova Delhi con la famiglia: la madre fu nominata ambasciatrice in India. Dopo due anni, in Birmania si affermò la dittatura militare che la tenne lontana dal suo Paese.
La vita politica in Myanmar comincia per Suu Kyi alla fine degli anni Ottanta, quando torna in Asia dopo un periodo trascorso in Gran Bretagna, dove si era laureata e sposata. Fonda il suo partito e si afferma come attivista a favore della democrazia, della pace e della difesa dei diritti umani, ma dopo un anno, nel 1989, viene arrestata per le sue lotte.
Nel 1991 ottiene il premio Nobel per la Pace e dopo 15 anni di prigionia, trascorsi in parte in carcere e in parte agli arresti domiciliari, nel 2010 viene rilasciata e finisce per guidare l’opposizione politica. Nel 2015 il suo partito conquista una vittoria schiacciante alle prime elezioni libere dopo 25 anni.
Negli ultimi anni la sua leadership è stata macchiata dalla persecuzione della minoranza musulmana dei Rohingya. Nel 2017 centinaia di migliaia di Rohingya fuggirono nel vicino Bangladesh a causa degli attacchi mortali perpetrati dall’esercito.
Nel 2019 davanti alla Corte penale internazionale dell’Aia, Suu Kyi ha negato il genocidio di cui era accusato l’esercito birmano. La difesa dei militari le ha fatto perdere molto del supporto che aveva a livello internazionale. Dopo la posizione espressa sulla questione, vari Paesi hanno preso le distanze attraverso differenti iniziative a suo sfavore, e nello scorso anno l’Unione Europea le ha comunicato l’esclusione dagli eventi sui diritti umani. Oggi i militari birmani l’hanno arrestata.
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