Dell’esplosione è rimasta traccia sotto una saracinesca nuova di zecca, dove ancora c’è un buco, e sui vetri rotti di un paio di auto parcheggiate davanti al negozio. Il locale di Bianca Pinelli, a Napoli, è vuoto, ma tutto sommato è stato ripulito dalle macerie lasciate dalla bomba deflagrata nella sera del 19 aprile scorso. Erano pressappoco le 21 quando lo scoppio squarciò una delle tre serrande del negozio, inaugurato appena a dicembre scorso.

Prima di spostarsi in viale Colli Aminei, la titolare aveva un negozio all’Arenella, a Cappella Cangiani, e un altro dislocato a piazza Quattro Giornate. In 25 anni di attività – si occupa di caldaie – più volte ha spostato la sede sul territorio, ma mai aveva subito attacchi criminali del genere. Un incendio ha divorato l’auto del marito a novembre, ma lei sostiene che non sia stato doloso.

“Questa bomba ci ha colto di sorpresa. Mai avuto un sentore di negatività nei nostri confronti in tutti questi anni, ma neanche nel momento in cui è successo. Non capiamo la motivazione”, dichiara Bianca. Porta le mani al volto, piange per l’abbraccio del quartiere che ha voluto farle sentire la sua vicinanza.

In un centinaio si sono radunati all’esterno del suo negozio indossando una maglia con la scritta “Siamo tutti Bianca”. Molti i commercianti presenti. “Nel quartiere non è mai capitato un episodio di questo tipo”, dice Aurelio Baiano, che ha una gioielleria in via Nicolardi. “Abbiamo problemi con furti e rapine e dopo una preoccupante escalation di tre anni fa abbiamo stretto una bella collaborazione con le forze dell’ordine che ci aiuta a bloccare in tempo eventuali malintenzionati. Ma – afferma – una bomba non c’era mai stata, per questo siamo preoccupati e abbiamo deciso di dar vita a questa iniziativa”.

Al Comune di Napoli due anni fa sono arrivati circa 120mila euro per installare telecamere di videosorveglianza nella zona dei Colli Aminei, ad oggi però le strade ne sono ancora sprovviste. “I fondi sono stati stanziati a fine 2018, trasferiti a metà 2019 dalla Regione al Comune di Napoli. Da allora l’ufficio preposto del Comune, quello della Polizia municipale, avrebbe dovuto fare la progettazione, ma per una serie di problemi su pensionamenti del personale la progettazione è andata molto a rilento. Alla fine, qualche mese fa, abbiamo detto al Comune di Napoli che lo avremmo preso noi in carico”, spiega il presidente della Municipalità, Ivo Poggiani.

Per la prossima settimana è in programma un incontro con il prefetto. “Gli chiederemo un aiuto affinché i progetti di videosorveglianza all’interno delle città non subiscano questi rallentamenti a causa delle macchine amministrative degli enti pubblici, che hanno grandissime carenze di personale e di mezzi – anticipa Poggiani -. Non si può trattare la videosorveglianza come altri tipi di interventi. Si devono avere canali privilegiati, e noi li chiediamo per portare a termine questo tipo di progettazione”.

Gli inquirenti che stanno indagando sull’attentato dinamitardo contro il negozio di Bianca non potranno quindi avvalersi nelle loro investigazioni di immagini di telecamere comunali. Il locale, tra l’altro, secondo quanto riferisce la titolare, ne aveva solo internamente. Le indagini dovranno chiarire se si tratta di racket o se dietro la bomba ci siano altri moventi. “Se io avessi avuto una richiesta – rivela Bianca -, mi sarei cautelata. Con una telecamera, un’assicurazione, ne avrei parlato con la polizia. Io non avevo le telecamere esterne, nemmeno l’assicurazione. In 25 anni di attività mai un episodio del genere, mai nemmeno un sentore. È questo che fa rabbia”. I danni, la paura, non fermeranno la commerciante: “Continuerò. E mi sento obbligata a farlo. Ho delle responsabilità, ho dei dipendenti che hanno famiglie. Io devo dare un segnale prima a loro”.

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