Per anni hanno venduto per le strade di Barcellona le copie delle scarpe e delle borse di marchi noti. Le esponevano su un panno e le smerciavano a prezzi economici. Ora i venditori ambulanti di Barcellona si sono riuniti in una cooperativa e hanno lanciato una propria linea di scarpe da ginnastica: Top Manta.
Il logo è una coperta (la “manta” su cui gli ambulanti espongono la merce), ma anche il mare che molti di loro hanno dovuto attraversare a bordo di barconi o gommoni per arrivare in Spagna dall’Africa, principalmente dal Senegal.
The Guardian ha intervistato il portavoce della cooperativa, Lamine Sarr, che ha dichiarato: “Siamo sempre stati criticati e perseguitati per aver venduto copie, ma ora abbiamo il nostro marchio”. Già nel 2017 il gruppo aveva tentato l’impresa, attaccando il logo su scarpe importate dalla Cina. Ora, invece, la produzione delle scarpe viene effettuata ad Alicante e in Portogallo, a Porto. A disegnarle sono stati gli stessi ambulanti (manteros), con l’aiuto di designer del posto.
Top manta si pone obiettivi economici, ma anche sociali: regolarizzare immigrati senza documenti attraverso la creazione di posti di lavoro, organizzare corsi di formazione e insegnare la lingua in modo da contribuire all’inclusione sociale. In base alle leggi spagnole gli immigrati extracomunitari devono risiedere nel Paese da tre anni, dimostrare di avere un domicilio fisso da almeno un anno, di conoscere la lingua e di avere un contratto di lavoro da almeno un anno. Per molti si tratta di condizioni difficili da soddisfare e ciò spesso li costringe ai margini della società. Grazie a Top Manta, 120 venditori ambulanti sono riusciti a ottenere la residenza e 25 hanno trovato un’occupazione.
La cooperativa ha fornito un’importante supporto anche nel far fronte alla crisi generata dalla pandemia, che anche in Italia ha messo in difficoltà molti ambulanti. “È stato davvero difficile durante la pandemia”, ha detto Sarr a the Guardian. “Queste sono persone che non possono richiedere l’indennità di disoccupazione e non c’è stato alcun sostegno da parte del governo. Abbiamo creato un banco alimentare e abbiamo installato macchine da cucire e le persone venivano a lavorare su base volontaria cucendo scarpe e vestiti”.
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