L’arte è esplosione dell’anima, che attraverso le opere degli artisti diventa linguaggio universale. Mario Farina Castì con l’aerografo traduce il suo linguaggio artistico fissando nel disegno la realtà quasi con tratto fotografico. Classe 1979, napoletano, ha vissuto tra Pomigliano d’Arco e Brusciano. Dopo il diploma si dedica completamente alla sua passione per il disegno e la pittura, trasformandola anche in un lavoro. E oggi sono tante le sue opere che animano i muri dei centri cittadini, dei quartieri di periferia. Sophia Loren, Bud Spencer, Totò, Maradona, sono alcuni dei volti raffigurati nei murales di Mario Farina Castì.
Da dove nasce il suo pseudonimo?
“Castì nasce tra il 1993 e il 1994, quando inizio la mia attività di writer e creo i miei primi graffiti. In origine mi firmavo Castigo. Poi, man mano che perfezionavo il mio tratto e sperimentavo nuove tecniche di pittura e disegno, sono arrivato all’aerografia e ho anche affinato la mia firma d’artista, rendendola più affine ai miei nuovi percorsi”.
Castigo è una firma particolare, con un impatto forte, perché proprio questa parola per firmare le sue opere?
“Io, oltre all’attività di pittore e writer praticavo e pratico anche quella di rapper”.
Quindi pittura e musica…
“Sì, due passioni che sento forti in me. Infatti la mia firma ha origine anche dal mondo del rap. Ho fatto e faccio parte di un gruppo che si chiama “I Tredici Bastardi” (Anche se in questo periodo non siamo molto attivi). Uno dei primi gruppi rapper campani. Prima di entrare nei Bastardi, ho fatto parte di un’altra formazione che si chiamava “Ordine del Pariamiento” e in questa prima formazione eravamo mio fratello Luigi Farina Dolore (nome d’arte attuale Callister), Francesco Curci Paura e io, Castigo”.
Quindi ha continuato anche con la musica.
“Sì, assolutamente. È una passione che coltivo ancora oggi. Solo che con il rap non ho fortuna. Almeno non quanta ne ho con la pittura e la street art“.
Tornando alla pittura e alla street art, ci spiega un po’ come nasce la sua passione?
“È una passione che coltivo sin da bambino. Disegnavo sempre, anche a scuola. Ricordo che scarabocchiavo i libri di testo e che i professori a un certo punto si rassegnarono a questa mia mania. Poi venni rapito, giovanissimo, dal mondo dei graffiti. Attraverso le bombolette spray riuscivo in qualche modo a soddisfare questa mia passione per il disegno e il bisogno di comunicare la mia arte alle altre persone. Man mano, come succede per tutte le attività dell’ingegno, perfezionavo la mia tecnica passando poi all’uso dell’aerografo, che alla fine si può considerare un’evoluzione della tecnica a spray che resta di base”.
Come spiegherebbe a chi non è del mestiere la tecnica con l’aerografo?
“In questa tecnica, naturalmente, si utilizza una aereo-penna collegata a un compressore. È un po’ come quello che usano i carrozzieri per verniciare le automobili solo più piccolo. Consente di poter creare sfumature e ottimizzare al meglio la tecnica del chiaroscuro. Come tutte le tecniche, alla fine, oltre al talento di base, è necessario molto esercizio”.
A proposito di carrozzerie, ha anche effettuato dei lavori su automobili e camion?
“Sì, su due camion: uno in cui è impressa la storia di Diego Maradona e l’altro quella di Pino Daniele. Però, sono lavori sporadici. Non è un’attività che pratico con costanza”.
Con i murales come è cominciata?
“Ho cominciato nel 1993. Avevo tredici anni. All’epoca non sapevo neanche che gli artisti di strada utilizzassero materiali tipo bombolette spray e cose simili. All’inizio le mie prime opere le realizzavo con i gessetti. Ero un ragazzo di periferia che sentiva questo bisogno di mostrare al mondo la sua passione e pur di farlo utilizzavo i materiali che avevo a disposizione all’epoca. Il mio primo murale serio, se lo guardiamo dal punto di vista dei materiali utilizzati, l’ho realizzato nel 1994. Però, poi, l’anno dopo, a causa di un incidente che mi ha tenuto per quasi un anno a letto, ho dovuto per forza di cose sospendere ogni attività. Naturalmente appena guarito ho subito ripreso, perché l’arte è la mia vita. Il primo murale, comunque, era solo una scritta. In quel periodo ero immerso nella mia fase da writer, e solitamente noi writers scrivevamo le nostre firme in caratteri un po’ particolari e astrusi per far risaltare il nostro nome e diffonderlo il più possibile”.
Qual è il lavoro a cui è più affezionato?
“Quello a cui sono più affezionato, a cui ho dedicato più tempo e perizia. è un dipinto di Guru (Keith Edward Elam), un cantante rapper americano morto nel 2010. L’opera l’ho realizzata su una lastra di alluminio. Sono molto affezionato a quest’opera. Infatti è ancora in mio possesso”.
E invece il murale a cui è più affezionato?
“Sono affezionato un po’ a tutte le mie opere di street art. Anche ai graffiti, tecnica che ho abbandonato nel 1999. Se parliamo di murales pittorici, quello che mi ha portato più fortuna e mi ha fatto conoscere è stato il Maradona che ho realizzato al Centro Paradiso di Soccavo”.
Negli ultimi giorni è stato svelato un altro Maradona che ha realizzato a Brusciano…
“Quest’opera mi è stata commissionata da un gruppo di ragazzi appassionati di calcio e innamorati della figura di Diego Armando Maradona“.
Com’è nata l’opera?
“L’iter dell’opera è stato un po’ travagliato all’inizio. Perché loro volevano realizzarlo su un muro che costeggia una proprietà dell’Enel. I ragazzi nel mese di dicembre dell’anno scorso hanno iniziato a organizzarsi e cercare di ottenere i permessi per realizzare un murale che raccontasse la storia del campione per immagini. Purtroppo, o per fortuna, i permessi all’epoca non sono arrivati e si è dovuta scegliere una destinazione diversa. I ragazzi hanno ottenuto il permesso dalla famiglia proprietaria dell’immobile e hanno potuto realizzare il loro sogno di avere a Brusciano un murale dedicato a Maradona“.
Ci racconta un po’ quest’opera?
“Per la realizzazione di quest’opera ho usato varie immagini di Maradona. Però quella centrale, la più importante e di impatto è un’immagine di Maradona sorridente un po’ diversa da quella solita che troviamo in giro. Ho voluto rappresentare un Maradona più umano, più vicino alle persone che l’hanno amato e l’amano. Attorno a questa immagine poi ci sono altri disegni in cui c’è il Maradona sportivo classico, quello che ha fatto impazzire e innamorare il mondo intero. Credo che Maradona, che forse non è il campione che ha vinto più trofei, sia per la sua natura fragile e straordinaria uno dei calciatori che più è entrato nei cuori delle persone”.
La street art in questo periodo ha avuto una grossa esplosione, passando dall’essere considerata un fenomeno quasi illegale e fastidioso a un modo per rendere le città più belle e vicine alle persone. Lei cosa ne pensa dell’evoluzione della street art?
“Se dovessi rispondere da writer direi che il graffito è qualcosa di illegale, perché nasce quasi come un atto di protesta. L’arte contemporanea poi, in generale, nel corso degli anni, ha comunicato alle persone messaggi a volte anche molto forti. Certamente è un bene che ci sia più comprensione e apprezzamento per questo tipo di arte, anche se, come in tutte le cose che diventano mainstream, c’è il rischio che possa col tempo appiattire il suo fuoco di arte trasgressiva e di protesta. Spero che mantenga sempre quello spirito genuino“.
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