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Contro i flussi migratori sono arrivati a 12 gli Stati dell’Unione Europa sui 27 totali che scelgono la via dei muri al confine. Polonia e Lituania sono stati gli ultimi in ordine temporale ad annunciare la chiusura dei confini con recinzioni.

La Polonia ad agosto ha eretto una barriera di filo spinato al confine con la Bielorussia, e nelle ultime ore il ministro dell’Interno, Mariusz Kaminski, ha annunciato che si procederà a un suo rafforzamento con una barriera solida da attrezzare con sistemi di sorveglianza e rilevatori di movimento.

A luglio la Lituania ha annunciato la costruzione di un muro di circa 500 chilometri al confine con la Bielorussia. La vicina Lettonia nel 2019 completò al confine con la Russia la costruzione di una barriera con il filo spinato lunga 93 chilometri.

Dalla caduta del muro di Berlino, il primo muro eretto in Europa è stato quello dell’Ungheria: nel 2015 Viktor Orban decise di chiudere il confine con la Serbia per impedire l’ingresso ai profughi provenienti da Afghanistan e Siria. Dopo 6 anni, gli stati che hanno scelto la via dei muri anti-migranti sono saliti a 12.

Nei giorni scorsi, gli Stati dell’Unione Europea che hanno optato per l’innalzamento di muri come misura di protezione dai flussi migratori, si sono spinti ancora in avanti: hanno chiesto all’Unione Europea di essere finanziati per realizzarli. Austria, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia hanno scritto alla Commissione europea e al Consiglio europeo per ottenere fondi con cui finanziare le barriere fisiche ai confini.

Dall’Unione la commissaria agli Affari Interni, Ylva Johansson, ha detto che non è contraria alla chiusura dei confini, ma che non è possibile usare i fondi dell’Ue per alzare muri contro i migranti. “Ogni Paese – ha affermato – ha diritto a difendere le proprie frontiere come crede, pur nel rispetto dell’acquis europeo”.

Johansson negli ultimi giorni è alle prese con il caso di respingimenti violenti di migranti al confine tra Grecia e Croazia. Gli abusi sono stati portati alla luce da report pubblicati da diversi giornali internazionali. “I report pubblicati su quanto avviene sono scioccanti – ha detto Johansson – Occorre un’indagine”. Al confine tra Croazia e Grecia arrivano i migranti che percorrono la rotta balcanica, quella utilizzata dai migranti che fuggono dalle guerre e dalla povertà in Medio Oriente per raggiungere l’Occidente.

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