Un centro di riuso creativo, dove da scarti di stoffa si realizzano abiti grazie alle sapienti mani delle sarte che vi lavorano. Una sartoria sociale, quella di Remida Napoli. Sostenibile, ma anche educativa e culturale, che aveva trovato il suo spazio in un quartiere – quello di Ponticelli – ad alto tasso di criminalità, dove la camorra fa costantemente sentire la sua presenza, dove le problematiche sociali sono tante, e le associazioni possono dare una grossa mano per il riscatto della zona e dei residenti. Tuttavia, il Comune di Napoli ha deciso di avviare la procedura di sgombero dell’immobile che, da oltre venti anni, ospita le numerose attività messe in campo a favore di bambini, donne e famiglie della zona orientale del capoluogo campano, e non solo.
Si tratterebbe di una perdita enorme per il quartiere, che trova la sua misura nel presidio che si è svolto questa mattina davanti al centro, in via Curzio Malaparte, a cui hanno partecipato volontari, consiglieri municipali e molti degli utenti che si rivolgono all’associazione. Remida in primavera aveva ricevuto la diffida di sfratto da parte del Comune. In mattinata era prevista la riconsegna delle chiavi della struttura di via Curzio Malaparte e oggi il Comune di Napoli ha formalmente comunicato il rinvio del sopralluogo a data da stabilire. Paola Manfredi e Anna Marrone, co-gestrici di Remida Napoli, chiedono un incontro al Sindaco e agli Assessori competenti per un chiaro confronto sulla situazione che interessa l’associazione da diversi anni. Lo sgombero della sede annullerebbe l’impegno e gli sforzi portati avanti in oltre venti anni a favore della collettività, in un contesto particolarmente delicato quale quello della zona orientale di Napoli.
La decisione dell’amministrazione comunale era stata resa nota nei giorni scorsi da Manfredi e Marrone, rappresentanti dell’associazione che da anni gestisce il bene comunale a Ponticelli rendendolo spazio dedicato a persone di ogni età. Dai progetti finanziati da enti nazionali alle partnership con realtà associative del terzo settore, dalla costante collaborazione con istituzioni locali, incluso il Comune, all’attivazione di processi virtuosi partendo dai materiali di scarto: Remida Napoli promuove la ricerca su questi ultimi attivando nuovi processi educativi e formativi e crea valide occasioni in un contesto particolarmente delicato dal punto di vista socio-economico-culturale dove evidentemente le opportunità scarseggiano.
Da oltre cinque anni, ad esempio, l’associazione porta avanti il laboratorio “Attaccar bottone” che coinvolge donne di Napoli Est, e dintorni, in un percorso di scoperta delle proprie passioni e competenze: ne è nata una comunità di persone che, grazie al cucito, vive momenti di socializzazione e di riscatto ormai irrinunciabili. Da qui ne è scaturito un nuovo progetto, S’ARTE, che si occupa dell’ideazione e realizzazione di capi d’abbigliamento con stoffe di scarto di grandi aziende in linea con i principi della moda sostenibile e consapevole e che ha come obiettivo la realizzazione di una sartoria stabile che dia lavoro alle donne del territorio. Questa preziosa esperienza ha permesso di far arrivare all’importante Fiera Unica di Milano una capsule collection realizzata in collaborazione con un’università campana e un’azienda lombarda. Più di recente l’avvio di un progetto dedicato agli adolescenti in condizione di fragilità educativa da coinvolgere in diverse attività di riscoperta del sé e delle proprie potenzialità.
Remida Napoli – unico centro del Sud Italia a far parte della rete internazionale Remida – rappresenta un presidio di legalità e garantisce la cura e la bellezza di uno spazio pubblico. “La questione dell’utilizzo della sede si è generata a conclusione di un progetto del Comune di Napoli che istituiva in città i Centri Remida. Dopo oltre dieci anni di nostre richieste alle varie amministrazioni succedutesi l’unica risposta ottenuta è stata la diffida di sgombero e l’attribuzione di un debito spropositato. L’associazione ha avuto pochi e non chiarificatori contatti soltanto con gli uffici competenti cercando una interlocuzione con la parte politica che è rimasta sorda agli innumerevoli tentativi di trovare una soluzione percorribile. L’inerzia di tutti questi anni ha aggravato la situazione di precarietà con danni enormi per la progettualità dell’associazione, per le persone che la rappresentano e per quelle che ci lavorano. Chiudere Remida Napoli significherebbe annullare il lavoro di anni e sottrarre al quartiere uno spazio ritenuto da tanti valido e importante”, affermano Paola Manfredi e Anna Marrone, presidente e vicepresidente dell’associazione Atelier Remida Campania.