La tanto temuta stretta per le ong delle attività di salvataggio in mare alla fine è arrivata. Il consiglio dei ministri del Governo di Giorgia Meloni ha varato il 28 dicembre il nuovo decreto sicurezza che nei fatti limita l’attività delle organizzazioni non governative di soccorso in mare dei naufraghi.
Le novità
Le novità introdotte sono essenzialmente tre: la prima riguarda la possibilità per le ong di effettuare un solo salvataggio alla volta, con il comandante della nave che dovrà dirigersi subito verso il porto assegnato dal centro di Ricerca e soccorso dell’Italia dopo la richiesta di autorizzazione al coordinamento delle autorità della zona Sar (Search and Rescue) interessata. L’eventuale ulteriore attività di salvataggio lungo la rotta sarà possibile soltanto se le autorità di quella specifica zona Sar daranno l’autorizzazione.
Un’altra novità riguarda le multe sino a 50.000 euro per la violazione del codice di condotta, un’ammenda dai 2 ai 10000 euro e il fermo amministrativo di 20 giorni in caso di mancata fornitura da parte del comandante di immediate informazioni sul salvataggio, a partire dal numero di persone a bordo. Se tale codice di condotta approvato nel decreto sicurezza varato dal Consiglio dei Ministri sarà continuamente violato, si potrà arrivare alla confisca dell’imbarcazione.
Altro punto del decreto sicurezza dell’Esecutivo Meloni si riferisce al compito dei comandanti delle navi Ong di informare le persone salvate sulla possibilità di chiedere asilo raccogliendo le dichiarazioni di interesse dei naufraghi. Negli intendimenti dell’Italia, ciò sarà connesso alla bandiera battente di un determinato Paese dell’Ue, a quel punto investito della responsabilità di vagliare la richiesta di protezione. “Le misure del governo hanno invertito ( -78,6 %) la tendenza all’aumento degli arrivi con navi Ong registrata nei primi dieci mesi del 2022 quando, con il governo Draghi, sono sbarcate 10.133 persone con navi Ong”. Queste le parole del Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, commentando l’impianto del provvedimento.
La contrarietà delle Ong
Come previsto, le organizzazioni non governative si mostrano contrarie al provvedimento del governo di Giorgia Meloni. Emergency, presente in mare con la nave “Life Support’’, in una nota afferma: “Il 2022 si chiude con delle cifre drammatiche: quasi 1.400 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo centrale solo quest’anno. Di fronte a questi numeri terribili, le disposizioni contenute nel Decreto sono inaccettabili perché – imponendo alle navi umanitarie di portare immediatamente a terra i naufraghi – di fatto riduce le possibilità di fare ulteriori salvataggi dopo il primo soccorso”. Per gli attivisti della Ong fondata dal compianto Gino Strada, le “conseguenze di questo provvedimento saranno l’aumento dei morti in mare e dei respingimenti verso la Libia ad opera della Guardia Costiera libica. Nel 2022, sono state oltre 20 mila le persone respinte in Libia”.
In proposito, aggiungono da Emergency, “i superstiti riportati in Libia scompaiono nei circuiti del traffico degli esseri umani o vengono trasferiti nei centri di detenzione, dove vivono in condizioni disumane, soggetti a maltrattamenti, abusi e torture ormai confermati da report delle Nazioni Unite, organizzazioni internazionali e testate giornalistiche di tutto il mondo”. In relazione a ciò, “i respingimenti verso la Libia sono considerati illegali e l’Italia è già stata condannata per questo dalla Corte Europea dei Diritti Umani nel 2009″.
Sempre da Emergency dicono come “le linee guida dell’Organizzazione Internazionale Marittima (IMO) sono chiare: qualsiasi attività al di fuori della ricerca e salvataggio deve essere gestita sulla terra ferma dalle autorità competenti e non dallo staff delle navi umanitarie. Ostacolare il lavoro umanitario, che ha come unico obiettivo la messa in salvo di persone, è inspiegabile se non in termini di consenso politico. Noi continueremo a salvare vite umane, nel rispetto del diritto internazionale e nazionale”. Infine, Emergency assicura: “Rispetteremo il codice di condotta solo qualora non entri in contrasto con norme di diritto internazionale e non smetteremo di credere che salvare vite umane è la cosa giusta da fare”.