Nel periodo che va dal 2015 al 2020, le scuole del Sud hanno perso 250.000 alunni. Nello stesso quinquennio, il Centro-Nord “soltanto’’ 75.000. Nelle scuole Meridionali nell’anno scolastico 2020-2021 almeno 650.000 alunni della scuola primaria non hanno avuto accesso al servizio mensa, pari al 79% mentre al Centro-Nord il mancato servizio si è attestato sul 46,53% con la media italiana del 57,94%. E, in tal senso, alcuni i numeri sono inequivocabili nel marcare la differenza: nella sola Sicilia gli studenti senza refezione nel 2020 e 2021 sono stati quasi l’88% (184.226 alunni su 209.773). In Campania circa l’87% (201.520 su 232.052 studenti). In Calabria l’80% (62.374 su 77.510 alunni) e in Puglia il 65% (107.860 alunni). Al contrario in Toscana solo il 15,60% degli alunni (22.080 alunni su 141.565 alunni) è stato senza mensa nel 2020-2021, il 18% in Piemonte, (29.996 alunni su 165.209) in Liguria il 34% (17.803 su 51.249 alunni), in Emilia Romagna la percentuale arriva al 42% mentre la Lombardia fa registrare un trend non proprio lodevole, cioè il 56,56% che nelle Marche è del 57%. Questa serie di dati raccolti dallo Svimez, l’Associazione privata senza fini di lucro che si occupa di studiare le condizioni socio-economiche del Mezzogiorno, danno la dimensione dell’enorme disparità ancora oggi esistente scuole del Centro-Nord e quelle del Sud, a discapito del Mezzogiorno. I numeri, a cui se ne aggiungono degli altri altrettanto significativi relativi ad altre voci, sono stati snocciolati nell’ambito dell’incontro denominato “Un Paese Due Scuole’’ tenutosi nei giorni scorsi nella Casa di Vetro con sede a Forcella, quartiere storico del centro di Napoli.
La differenza di ore tra Carla e Fabio
In un video realizzato da Svimez e visibile sul proprio sito (grazie anche al contributo del giornalista Antonio Fraschilla del quotidiano “Repubblica’’), sono stati messi a confronto le ore passate a scuola da Carla, alunna di quinta elementare a Firenze, e Fabio, coetaneo che frequenta la stessa classe in una scuola di Napoli. Carla in un anno è stata a scuola 1226 ore, Fabio 200 ore in meno. Come mai? Perché a Carla a Firenze è stata data la possibilità di usufruire di un servizio mensa garantito per tutto l’arco dell’anno scolastico, fare sport all’interno di una palestra e seguire 1200 ore di formazione. Al contrario, a Napoli, Fabio è stato molto spesso costretto a portarsi il cibo da casa senza poter andare in palestra semplicemente perché il suo edificio scolastico ne è sprovvisto. Tra le conseguenze di questa esemplificativa disparità: nel Meridione quasi un minore su tre nella fascia tra i 6 e i 17 anni è in sovrappeso, un ragazzo su cinque nel Centro Nord. In relazione proprio agli edifici scolastici dove è possibile usufruire della palestra, l’ennesima disparità: al Sud circa 550.000 allievi, pari al 66% frequentano scuole senza palestre (in Campania 170.000 e cioè il 73% del totale), l’81% in Sicilia (170.000 alunni) e l’83% in Calabria (65.000 alunni). Al Centro-Nord la mancanza di palestre a scuola si ferma al 54%.
Il tempo pieno a scuola
Tornando al tempo pieno, sempre circa l’anno scolastico 2020-2021, al Sud la media degli studenti frequentanti è stata del 18,60% pari a 164.557 su 884.853 alunni; al Centro-Nord è del 48,53% con 792.097 alunni su 1,632 milioni. La media italiana è così del 38,01% con gli alunni della primaria del Sud che hanno passato, in media in una settimana, 4 ore in meno di quelli del Centro-Nord. In Campania ne ha usufruito soltanto il 18,90 % (19.717 alunni su 82.763). In Molise addirittura solo l’8,09 % (879 alunni su 10.862). In Sicilia il 10,3% (21.962 alunni su 219.030), in Puglia 16,60% (28.383 alunni su 170.939). A fare meglio la Basilicata, con il 47,91% (10.10 alunni su 20.863). Qualche defaillance anche per altre regioni del Centro dell’Italia: l’Umbria con il 27,96% (10.52 alunni su 35.949) e le Marche con il 30,47% (19.208 alunni su 63.045). Performance decisamente migliori per Lombardia (51,65% con 230.328 alunni su 445.945), Emilia Romagna (50,17% con 96.381 su 192.100 alunni), Toscana (52,45% con 79.105 alunni su 150.806), Piemonte 51,97% (91.828 su 176.682 alunni).
L’allarme e il no all’autonomia differenziata
Luca Bianchi, il presidente di Svimez intervenuto a Napoli all’incontro “Un Paese Due Scuole’’, traccia le priorità: “La priorità oggi è rafforzare il sistema di istruzione soprattutto nelle aree più marginali, sia del Sud che del Nord. Garantendo asili nido, tempo pieno, palestre, rafforzando l’offerta formativa dove più alto è il rischio di abbandono. Il quadro che emerge dai dati e che rischia di rafforzarsi ancor più se passano le proposte di ’autonomia– afferma Bianchi – è quello di adattare l’intensità dell’azione pubblica alla ricchezza dei territori, con maggiori investimenti e stipendi nelle aree che se li possono permettere, pregiudicando proprio la funzione principale della scuola che è quella di ‘fare uguaglianza’ “. Dunque, per il presidente di Svimez, “occorre invertire il trend di spesa e rafforzare le finalità di coesione delle politiche pubbliche nazionali in tema di istruzione. Il Pnrr è l’occasione per colmare i divari infrastrutturali, tuttavia l’allocazione delle risorse deve essere resa più coerente con l’analisi dei fabbisogni di investimento, superando i vincoli di capacità amministrativa”.
Per la presidente dell’associazione Yolk, che si occupa di bambini e adolescenti, Clementina Cordero di Montezemolo, “c’è la necessità di creare e ricreare un patto condiviso tra la scuola e le famiglie, motivo per cui la scuola dovrebbe assumere un ruolo fondamentale nell’educazione alla vita. L’idea di tenere aperte le scuole nel pomeriggio con una collaborazione pubblico-privato, non solo ha una valenza sociale, perché rappresenta un alleggerimento per le famiglie – è il suo pensiero – ma anche individuale, di crescita per il singolo, di sviluppo del sé, soprattutto nelle ragazze e ragazzi delle scuole medie”.
La riduzione della spesa per la scuola pubblica
Svimez si focalizza anche sulla contrazione della spesa per la scuola e l’Università pubblica prendendo in esame gli anni che vanno dal 2008 al 2020. E anche in questo caso, il divario tra il Sud e le regioni del Nord e del Centro c’è eccome, pur con qualche distinguo. Al Sud, complessivamente, la spesa si è ridotta del 19,5% oltre 8 punti percentuali in più del Centro-Nord, -11,2%. Nel Meridione d’Italia la spesa per gli investimenti è calata di un terzo, il 23% totale nel Centro-Nord. La spesa pro capite per gli alunni del Sud è di 100 euro inferiore rispetto a Nord e a al Centro: 5080 contro 5185 e quella per gli investimenti per ogni alunno è 34,6 al Sud contro 51 del Centro-Nord. Vediamo quale esempio specifico anche qui che marca la differenza, pur con numeri non così esigui nemmeno nelle zone più ricche del Paese. In Calabria la variazione 2008-2020 è stata pari a -25,6%, -21,9% in Sicilia, -20,2% in Puglia, -18,6% in Sardegna. La contrazione non ha però risparmiato neppure le regioni del Centro-Nord. Per la Liguria si parla di un -20,3%, per il Friuli Venezia Giulia -14,7%, quasi pari alla Basilicata (-14,8%), al Molise (-15,6%) ma meno della Provincia Autonoma di Trento (-16,1%) mentre in Campania la diminuzione è stati pari al 17,5%.
Il grido dei presidi del Sud
Sono tante le testimonianze dei dirigenti scolastici del Sud che da tempo denunciano le condizioni spesso difficili delle scuole nel Mezzogiorno d’Italia. Tra queste c’è Stefania Colicelli, preside dell’Istituto Comprensivo Statale (primaria, elementari e medie) di Forcella, a Napoli, proprio nello stesso quartiere in cui Svimez ha presentato i numeri nell’ambito dell’incontro “Un Paese Due Scuole’’. “Non è giusto – afferma la preside Colicelli – che al Sud un bambino di 3, 6 o 7 anni impari a mangiare al banco e non al tavolo perché qui mancano i refettori. Ha senso che un alunno condivida quel momento con la maestra e gli amici in un luogo idoneo e non che lo faccia in altro modo”. La scuola Ristori, ad esempio, “è dotata di refettorio nella scuola dell’infanzia ma poi gli alunni subiscono lo shock al passaggio alla scuola elementare perché lì mangiano in aula, subendo un fenomeno che si chiama regressione anziché progredire”. La preside aggiunge: “Sapete quanto abbiamo ogni anno di fondi del funzionamento amministrativo? 20.000 euro e senza la nostra creatività non potremmo fare alcun progetto”. Sul Piano di Ripresa e Resilienza, dice sempre la preside Colicelli, “ci sono i soldi ma mancano i progettisti. Siamo a febbraio e non si è fatto nulla per contrastare la dispersione scolastica. Viviamo costantemente a tempo, tutto quello che facciamo lo facciamo se ci sono le risorse. Abbiamo fatto progetti di 30 ore, poi si sono interrotti in attesa che arrivi qualcos’altro. Questo significa non costruire niente, soltanto far intravedere la luce”. La preside della Ristori di Forcella conclude: “Al Sud ci sono ragazzi con grandi potenzialità. Continuando così, però, avremo degli incompetenti perché i nostri figli non continueranno a studiare. È ora di far sentire pesantemente la nostra voce”.