Sono migliaia le persone che sono scese in strada in Tunisia per opporsi al “fascismo e razzismo” dopo le parole del presidente Kais Saied nei confronti dei migranti subsahariani. “La loro presenza è fonte di violenza, crimini e atti inaccettabile”, ha affermato Saied nel corso di una riunione del consiglio di sicurezza nazionale convocata martedì scorso. “È il momento di mettere la parola fine a tutto questo, perché – ha detto – c’è la volontà di fare diventare la Tunisia solamente un paese africano e non un membro del mondo arabo e islamico”. Secondo Saied, “esiste un piano criminale per cambiare la composizione demografica della Tunisia, ci sono alcuni individui che hanno ricevuto grosse somme di denaro per dare la residenza ai migranti subsahariani”.
Alle parole del presidente tunisino si sono aggiunti i fatti, come l’ordine dato a tutte le parti interessate (diplomatici, militari e addetti della sicurezza) di applicare la legge relativa all’immigrazione clandestina, affermando che coloro che stanno dietro a questo fenomeno fanno tratta di esseri umani mentre pretendono di difendere diritti umani.
L’organizzazione “Avocats sans frontières” (Asf), riporta che sono centinaia le aggressioni subite in Tunisia da cittadini di origine subsahariana. Riferisce di rastrellamenti casa per casa da parte dei proprietari per cacciare le persone dalle proprie abitazioni, di intimidazioni per strada e online, di attacchi fisici con armi da taglio e non solo, licenziamenti in tronco da posti di lavoro che prevedevano semplici regole di sfruttamento, incendi dolosi appiccati di fronte alle residenze e arresti arbitrari.
Tra chi condivide e appoggia le idee del presidente tunisico c’è Eric Zemmour, fondatore del partito di estrema destra Reconquête e candidato alle elezioni presidenziali francesi del 2022: “Gli stessi paesi del Maghreb – ha dichiarato – cominciano a suonare l’allarme di fronte alla deriva migratoria. La Tunisia ha deciso di prendere provvedimenti urgenti per proteggere il suo popolo. Cosa aspettiamo a lottare contro il grande rimpiazzamento?”.
Ma in tanti sono anche quelli che non condividono il pensiero del presidente tunisino e si dissociano, come l’Unione africana. “Invitiamo la Tunisia – è l’appello dell’organizzazione – ad astenersi da qualsiasi discorso di odio di carattere razzista e che possa nuocere alle persone”. Ha poi stigmatizzato: “Condanniamo fermamente le dichiarazioni scioccanti fatte dalle autorità tunisine contro i compatrioti africani, le quali vanno contro lo spirito della nostra organizzazione e i nostri principi fondatori”.
The Chairperson of the African Union Commission @AUC_MoussaFaki strongly condemns the racial statements on fellow Africans in #Tunisia.https://t.co/9joF5kzhaY pic.twitter.com/7DQPkEYLkg
— African Union (@_AfricanUnion) February 25, 2023
Sul caso si è espresso anche Amine Snoussi, autore di libri sulla politica tunisina e giornalista, che su Twitter ha scritto: “Il presidente della Repubblica tunisina ha appena convalidato la tesi del grande ricambio. Abbiamo un dittatore razzista che arresta i suoi oppositori e incolpa gli immigrati sub-sahariani per i nostri problemi. È il peggior regime nella storia di questo Paese”. Mohamed Dhia Hammam, ricercatore in scienze politiche alla Maxwell School, definisce le parole di Saied disgustose, e parla di una “campagna fascista contro i neri”. “L’oltraggiosa dichiarazione di ieri della Presidenza sulla riunione del Consiglio di sicurezza nazionale, durante la quale Saied ha deciso di usare tutte le forze, compresi i militari, per prendere di mira gli immigrati neri, arriva nel bel mezzo di una odiosa campagna mediatica. La logica del complotto messa in atto dal governo fa eco alle teorie del complotto diffuse sia nei media mainstream che nei social media pro-Saied” scrive su twitter.
Insomma, il Paese è nel caos dopo le dichiarazioni del presidente Saied, che è stato criticato anche sul piano governativo. Giovedì scorso, infatti, sono stati arrestati Jaouhar Ben M’barek e Chaima Aïssa, esponenti del Fronte di Salvezza Nazionale, coalizione politica che raggruppa tutti i principali partiti che si oppongono al presidente Kais Saied. Saied è accusato di governare il Paese da tre anni in maniera autoritaria.
Nel luglio del 2021 il presidente aveva sospeso i lavori del parlamento, per poi scioglierlo nel marzo del 2022. Successivamente ha governato per decreto, fino all’approvazione di una nuova Costituzione che gli garantisce ampi poteri e che ha istituito una nuova legge elettorale che non prevede la partecipazione alle elezioni dei partiti, ma solo di candidati indipendenti. L’affluenza alle prime elezioni che si sono svolte con questa legge, lo scorso dicembre, è stata fra le più basse al mondo, e oggi la Tunisia ha un parlamento che ha poteri molto limitati.