Un versamento economico da parte dei richiedenti asilo di 4.938 euro per evitare di finire nei Cpr, i Centri di Permanenza per il rimpatrio, dove ora il singolo migrante può restare anche 18 mesi secondo quanto pensato dal Governo Meloni. Il versamento di questa cauzione di quasi 5000 euro è contenuto nell’ultimo decreto voluto dal Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e firmato anche dal ministro della Giustizia Carlo Nordio e da quello dell’Economia Giancarlo Giorgetti, con l’obiettivo di gestire il fenomeno migratorio in Italia. La pubblicazione, il 21 settembre 2023 in Gazzetta Ufficiale, ha già sollevato un vespaio di polemiche, con le Ong e le associazioni umanitarie assolutamente contrarie alle decisioni assunte dall’Esecutivo di centrodestra.
Con il pagamento di questi 4.938 euro, da corrispondere attraverso una garanzia finanziaria (così come specificato nel decreto) al richiedente asilo proveniente da un Paese sicuro, cioè dove si reputa che non ci sia un reale pericolo di conflitto o di persecuzione delle persone, in attesa che la sua pratica di richiesta sia evasa è garantito “per il periodo massimo di 4 settimane (ventotto giorni)’’ di poter usufruire di “un alloggio adeguato, sul territorio nazionale; della somma occorrente al rimpatrio; di mezzi di sussistenza minimi necessari’’. Tale dicitura è contenuta nell’articolo 1 del decreto denominato Oggetto e ambito di applicazione.
Dal canto suo il Ministero dell’Interno si è affrettato a dire che il versamento dei quasi 5000 euro è da intendersi appunto come un deposito cauzionale per scongiurare il pericolo di fuga nel periodo che intercorre tra la richiesta di asilo da parte del migrante e la risposta del Ministero dell’Interno. Dallo stesso governo hanno anche ricordato che una misura del genere rimanda a due decreti legislativi emanati prima dal secondo governo Prodi (nel 2008) e, poi, dal governo Renzi (nel 2015). In entrambi i casi si faceva riferimento alla possibilità per i richiedenti asilo di stipulare una garanzia finanziaria.
La garanzia finanziaria
Nell’articolo 3 del decreto, in cui si parla della “Determinazione delle modalità di prestazione della garanzia finanziaria, al comma 1 si legge come al richiedente asilo che vuole entrare in Italia “è dato immediato avviso della facoltà, alternativa al trattenimento, di prestazione della garanzia finanziaria”. Al comma 2 è invece riportato: “La garanzia finanziaria è prestata in un’unica soluzione mediante fidejussione bancaria o polizza fidejussoria assicurativa ed è individuale e non può essere versata da terzi’’. All’articolo 4, denominato “Determinazione delle modalità di prestazione della garanzia finanziaria”, ci sono altri passaggi che vale la pena riportare. Al comma 1 è scritto: “Nel caso in cui lo straniero si allontani indebitamente, il prefetto del luogo ove è stata prestata la garanzia finanziaria procede all’escussione della stessa’’. Al comma 2: “Le somme derivanti dall’escussione della garanzia in conformità del presente decreto sono destinate all’entrata del bilancio dello Stato’’.
Le voci contrarie
Laura Marmorale, presidente di Mediterranea Saving Humans, la Ong protagonista di molti salvataggi di migranti in mare e di azioni umanitarie a sostegno di persone in difficoltà, come la popolazione ucraina costretta a vivere ogni giorno con l’orrore della guerra scatenata dalla Russia, è durissima. “In Italia si è toccato uno dei punti più bassi dalla Seconda Guerra Mondiale. Proprio come succede in Libia, dove le persone sono rinchiuse in lager e devono pagare per poter uscire e continuare un duro viaggio, nel nostro Paese un decreto prevede che un richiedente asilo spenda quasi 5000 euro per la propria libertà’’. La presidente Marmorale aggiunge: “Dopo il decreto Cutro, il decreto Caivano, arriva un decreto Lampedusa, che dimostra ancora una volta come ci si approcci al fenomeno migratorio soltanto in modo securitario. Questo decreto non farà altro che creare nuove marginalità sociali: più si faranno provvedimenti restrittivi, più si creerà clandestinità’’.
Un passaggio, la presidente di Mediterranea Saving Humans, lo riserva specificamente alla fidejussione di circa 5000 euro. “I migranti provenienti dalle varie rotte, non solo quelle marittime di Lampedusa, ma anche quelle terrestri come quelle balcaniche, arrivano senza scarpe, senza vestiti, con le carni consumate. Come possono avere in tasca 5000 euro da pagare ed evitare di andare in un Cpr quando hanno già pagato per viaggiare spesso in condizioni disumane? E non solo: le fidejussioni richiedono garanzie. Se abbiamo problemi noi italiani ad avere queste garanzie, come possono averle i migranti che abbandonano tutto e arrivano qui sofferenti?’’. La Marmorale conclude: “Dopo oltre 10 anni si parla ancora di emergenza Lampedusa, senza che sia cambiato niente. Il 3 ottobre sarà il decennale della strage al mare di Lampedusa che provocò ufficialmente 368 morti. Da allora, e si sono succeduti governi di vario colore, si è sempre detto: “Mai più’’. Ma invece continua ad accadere e ci si approccia alla questione sempre allo stesso modo’’.
Anche Maria Teresa Terreri, presidente nazionale di Cidis Impresa Sociale Ets, che opera a livello italiano ed europeo per promuovere una cultura dell’accoglienza e dell’inclusione, è fortemente critica. “Il decreto appena approvato dal governo – si rammarica – è la conclusione di un processo di repressione dei principi dell’accoglienza già in atto da tempo. Lo abbiamo visto in passato quando è stata mostrata la volontà di smantellare i progetti Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati ndr.) e in un modo simile con i Sai (Sistema di accoglienza e integrazione ndr.). C’è sempre più la volontà di creare sacche di detenzione e non di prevenzione, prediligendo le infrastrutture di contenimento e non di inclusione, con l’istituzione di veri e propri centri di detenzione. In fin dei conti, i Cpr non sono nient’altro che questo’’.
Secondo la presidente di Cidis “con il pagamento di 5000 euro si attua anche una discriminazione tra persone già povere e disperate. Probabilmente, i migranti che avevano a disposizione questa cifra l’hanno già pagata per intraprendere il viaggio e anche per essere lasciati liberi dai centri di detenzione come quelli libici’’. Per Terrieri “è giunto il momento di scendere in piazza per difendere i valori della Costituzione e i principi di accoglienza’’. La presidente di Cidis sceglie le opzioni che, a suo dire, potrebbero meglio affrontare il complesso fenomeno migratorio nel Mediterraneo, in Italia e in Europa. “Istituire e far funzionare realmente i canali di ingresso con flussi regolari oltre ai corridoi umanitari. È vero che i numeri degli arrivi sono tanti, ma siamo in linea con il 2018 mentre c’è chi ancora oggi volutamente parla di emergenza’’.
I dubbi dell’avvocato
L’avvocato Francesco Priore, associato dell’Asgi, Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione e membro del direttivo nazionale dell’Odv Avvocati di Strada, leggendo l’impianto del decreto si esprime così: “Questa disposizione si applica in un ambito molto ristretto, cioè le cosiddette Procedure di asilo in frontiera e non per i Cpr in generale. Ciò significa che la domanda di asilo si cerca di farla formalizzare immediatamente alla persona che arriva o comunque poco dopo il suo arrivo, perché c’è il progetto di creare grandi hotspot con le persone che vengono trattenute sul posto senza essere dislocate sul territorio dove possono incontrare associazioni o avvocati. Il tutto – ravvisa Priore – deve svolgersi, secondo quanto prevede il decreto, in maniera veloce nel luogo stesso’’. Ancora Priore sottolinea come “il richiedente asilo proveniente da un Paese cosiddetto sicuro può essere trattenuto per un massimo di 28 giorni, periodo nel quale deve esibire anche il passaporto, cosa che non si verifica nel 95% dei casi perché rubato, buttato o perso per altre ragioni’’. Ma la detenzione, dice ancora il legale, “potrebbe comportare anche uno sforamento dei 28 giorni.Dipende da come viene interpretata la norma. Se la domanda di asilo dovesse essere rigettata, l’avvocato del richiedente può fare ricorso e fino a quando il giudice non stabilisce se ci sarà la sospensiva o no del rigetto, il richiedente asilo può essere trattenuto’ nei centri”.
Ma il contenuto in sé ha una ratio e può portare a dei vantaggi? L’avvocato Francesco Priore, associato Asgi, sembra a dir poco perplesso. “Per le sue caratteristiche – afferma – questa norma sembra essere, di fatto, inapplicabile. Io ho il dubbio che il provvedimento sia solo di facciata. Potrò essere smentito, ma temo che questo decreto non sarà applicato neanche una volta’’. Il motivo è da ricercarsi nel fatto che il “richiedente asilo che arriva deve essere già premunito di una fidejussione o di polizza assicurativa oppure, nel mentre è trattenuto, deve avere un super I-Phone o una firma digitale che gli permetta di sottoscrivere a distanza questa polizza da esibire poi alle autorità. Si tratta di una cosa materialmente impossibile e peraltro non può essere sottoscritta da terzi. Quindi i familiari dei migranti non possono aiutare i propri cari in questa faccenda’’.
Ma i legali possono impugnare la norma? Nel caso una realtà come l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione potrebbe rivolgersi a un giudice? L’avvocato Priore risponde anche a questo. “C’è già stato un precedente nell’Ue, perché lo stesso tentativo di applicare le procedure di frontiera l’ha fatto l’Ungheria e la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha censurato tale normativa con una sentenza del 2020’’. Per l’avvocato Priore tutto questo può offrire due opzioni. Primo: “di non arrivare forza arrivare alla Corte Costituzionale per far dichiarare l’illegittimità costituzionale dopo che se n’è occupato il primo magistrato’’. Secondo: “Si potrebbe molto probabilmente applicare l’istituto della disapplicazione. E, cioè, se i magistrati dell’Unione Europea individuano una normativa interna, contrastante con il diritto dell’Ue in termini di diritto di asilo, possono non applicare la norma che si ritiene sia illegittima. Se i magistrati non se la sentiranno di operare in questo modo, allora ci sarà la via della Corte Costituzionale. Ma, ripeto, potrebbe essere anche necessario arrivarci’’.