Nel 2022 all’interno dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio, in Italia, sono transitati 6.383 migranti. Rispetto al 2021, quando il numero si era attestato a 4.387, si tratta di un aumento del 68,7%. Ma soltanto meno della metà degli stranieri transitati, 3154 pari al 49,4%, è rientrato nel proprio Paese d’origine. Un trend, tra le altre cose, in linea con l’anno precedente quando la soglia non aveva raggiunto il 50%. Questi dati sono contenuti nel Dossier Statistico Immigrazione 2023, elaborato da IDOS Centro Studi e Ricerche, in collaborazione con Centro Studi Confronti e Istituto di Studi Politici “S. Pio V. I numeri raccolti dimostrano come l’idea di utilizzare i Cpr per governare il flusso dei migranti nel nostro Paese non abbia funzionato.
Quelli che adesso si chiamano Centri di Permanenza per il Rimpatrio – in pratica, luoghi di detenzione amministrativa – sono stati pensati nel 1998. Esistono dunque da 25 anni, con 15 modifiche apportate, senza che però ciò abbia inciso positivamente. E questo al di là del periodo previsto di detenzione, che è oscillato tra i 30 giorni e i 18 mesi come oggi (aumentando i precedenti 3 mesi). A dimostrarlo sono altri numeri riportati nel dossier: nel 2019 e nel 2020, quando il massimo per la presenza del migrante era di 6 mesi, la percentuale di chi è stato rimpatriato è stato rispettivamente il 48,5% e il 2020 50,8%, dunque sempre non oltre la metà e in linea con gli anni successivi. Un altro parametro conferma il trend: tra il 2016 e il 2017 quelli che ora si chiamano Cpr in Italia erano 14 per 1400 posti totali. Nel dossier viene ricordato l’aumento della spesa per i Centri di Permanenza per il Rimpatrio: 42,5 milioni di euro per rafforzare il sistema dei Cpr con 206 nuovi posti per il triennio 2023-2025 contenuti nella Finanziaria 2022.
Il parere di un docente
Sulla (non) funzionalità dei Cpr abbiamo raccolto il parere del professor Salvatore Strozza, docente ordinario di demografia del Dipartimento di Scienze Politiche della Federico II ed ex coordinatore del Master di II Livello di gestione delle migrazioni e dei processi di accoglienza e inclusione. “I Cpr dovrebbero essere sostituiti da strutture dismesse da valorizzare, modernizzate e date in gestione ad esempio a enti del terzo settore. Bisognerebbe dare un’operatività ulteriore a queste strutture, ma occorre intervenire a livello legislativo. Siamo da tempo un Paese di immigrazione, la demografia è asfittica, in Italia si ridurrà non solo il numero ma le giovani generazioni sono sempre più sfilze’’. Un esempio? “Quarant’anni fa – dice il professor Strozza – i minori di 15 anni in Italia erano 11,5 milioni (bambini e adolescenti) come in Francia e come nel Regno Unito. Oggi da noi sono 7,5 milioni, mentre in Francia e in Regno Unito sono rimasti 11,5 milioni. Avremo un numero contenuto. Gli altri Paesi sono riusciti a mantenere la fecondità a 1,8-1,9 di media per i figli e noi siamo meno’’.
Le considerazioni del Terzo Settore
Elena De Filippo, presidente della cooperativa Dedalus, ricorda come la nostra sia “una società multietnica e multiculturale. Vanno favoriti i processi di integrazione, chi viene qui dall’estero ha voglia di inserirsi nel nostro contesto. Sui territori ci sono tanti esempi positivi rispetto all’integrazione nel mondo del lavoro, nella scuola, per le persone di seconda generazione’’. Per la presidente della Dedalus, sono due gli aspetti da tenere maggiormente in considerazione. Primo, “l’accoglienza funziona maggiormente nei piccoli centri, in quelle realtà a rischio spopolamento. La distribuzione sui territori è fondamentale’’. Secondo, dice ancora la De Filippo, “l’immigrazione non va guardata solo con arrivi e sbarchi. In Italia ci sono oltre 5 milioni di stranieri, in gran parte lavora ed è inserita’’. Invece, “sulle seconde generazioni si parla dopo, sono italiani dal punto di vista culturale ma non c’è una legge che li tuteli’’.
Marika Visconti, della cooperativa Less, è perentoria: “Così il sistema di accoglienza non funziona. Per richiedenti asilo e per i rifugiati dovrebbe esserci un unico percorso, in modo da soddisfare tutte le esigenze delle persone da accogliere, lavorando poi sull’autonomia dei migranti’’. Visconti ricorda come “il sistema di accoglienza nazionale è delegato ai Comuni attraverso i Sistema di Accoglienza e Integrazione (Sai) ma dopo il decreto Cutro i richiedenti asilo sono di nuovo estromessi da questo sistema”. Attualmente “i posti attivi con questo sistema di accoglienza in tutt’Italia sono 44.000, ma occupati ce ne sono 34.000 posti’’. Inoltre, aggiunge Visconti, i “Cpr sono fallimentari e poco funzionali. I migranti rimpatriati sono quelli che non hanno avuto la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno, hanno perso il lavoro o una protezione speciale”.
Gli stranieri in Italia
Nel Dossier Statistico Immigrazione 2023 di IDOS Centro Studi e Ricerche si parla del numero di stranieri in Italia: sono poco più di 5 milioni calcolati nel 2022, dato più o meno stabile negli ultimi 4 o 5 anni, mentre gli irregolari in Italia hanno raggiunto all’incirca le 500.000 unità. Nonostante questo mezzo milione di stranieri irregolari, soltanto a 36.770 soggetti è stata intimata l’espulsione, cioè circa 1 ogni 14. In questa statistica vanno inclusi i 2.804 afghani e 2.221 siriani, provenienti da Paesi in guerra e da gravi pericoli per la propria persona. Di questi, però, solo 4.304, pari all’11,7% sono stati effettivamente rimpatriati di meno anche dei due anni funestati dalla pandemia di Coronavirus quando i movimenti erano piuttosto limitati: 15,1% nel 2021 e 13,7% nel 2020. Annualmente, viene ricordato nel dossier, ci sono tra le 120 e 130.000 acquisizioni di cittadinanza italiana da parte di stranieri e i nuovi italiani sono 1,5 milioni circa. Il professor Strozza ricorda come nel “2022 (quello dove la maggior parte delle restrizioni sono state allentate, ndr.), una parte significativa delle domande di regolarizzazione dell’anno 2020 (il 15 agosto era il termine ultimo per presentare le domande) è stata accolta, ma quasi la metà resta inevasa’’. I minori non accompagnati nel 2022 censiti sono stati invece 20.000.
Cosa dice un sindacalista Uil
Sull’inverno demografico si esprime anche Giuseppe Casucci, dipartimento delle politiche migratorie della Uil Nazionale. “Perdiamo pezzi di popolazione, che invecchia sempre più, non arrivano neanche più abbastanza migranti”, afferma. “Germania, Francia e Spagna aprono le loro frontiere, adesso – dice – lo fanno anche la Croazia e la Slovenia perché hanno bisogno di manodopera. Noi, invece, ci affidiamo a un decreto flussi che è un po’ più grande del passato con una programmazione triennale ma è poco fruibile ancora’’. Casucci conclude: “La politica del governo sull’immigrazione è punitiva, gli immigrati sono una risorsa. Facciamo emergere chi già lavora in questo, anche in nero’’.