Preoccupa il picco di influenza in atto nel nostro Paese. Alla fine del 2023 gli italiani che hanno sviluppato i sintomi del tipo A H1N1, la sigla con cui è stato classificato il virus di questa stagione, ha raggiunto i 5,7 milioni di casi, con il dato destinato a un deciso aumento. Si tratta di una forma aggressiva di influenza, capace di raggiungere nel dicembre 2023 un’incidenza pari al 17,2 per mille assistiti. Alta, sempre con riferimento temporale alla fine di dicembre, l’incidenza soprattutto nei bambini al di sotto dei 5 anni: 471,1 casi per mille assistiti.
Il virologo Fabrizio Pregliasco ricorda all’Adnkronos: “Circa il 62% degli isolamenti è per influenza, poi a seguire il virus respiratorio sinciziale e, solo in terza posizione, il Covid’’. Le infezioni da Coronavirus nella settimana 21-27 dicembre 2023 sono stati 40.988 con un’incidenza di 70 casi per 10.000 abitanti (103 per centomila abitanti nella settimana precedente) con numeri dunque in calo a conferma che ciò che preoccupa maggiormente in questo momento è l’influenza. “Sicuramente – il ragionamento affidato sempre all’Adnkronos da Pregliasco – con la crescita di Covid siamo in una fase che è ormai al plateau. Non è stata una curva” alta e ripida “come una montagna, come quella dell’influenza’’. A fronte di questi dati, i medici in tutt’Italia, in attesa di alcuni altri dati aggiornati, stanno notando una poca propensione degli italiani a vaccinarsi contro l’influenza.
L’importanza della vaccinazione
Carlo Santoriello, primario della Pneumologia 2 dell’ospedale Cardarelli di Napoli, il nosocomio più grande del Sud Italia, ha lanciato il suo appello: “Siamo ancora in tempo per vaccinarsi. I medici di base anche ancora delle scorte e vanno utilizzate. L’influenza può prendere il sopravvento anche agli inizi della primavera’’. A stare attenti devono essere soprattutto i soggetti fragili, conferma il dottor Santoriello, il quale ricorda ricorda come l’H1N1 “colpisce le fasce di popolazioni con patologie respiratorie pregresse, croniche, cardiorespiratorie, metaboliche come il diabete. L’influenza anche quest’anno può portare a questi soggetti complicanze serie. Bisogna preoccuparsi sia del Covid che di quest’influenza’’.
In ogni caso, afferma il primario della Pneumologia 2 del Cardarelli, “la vaccinazione la consiglio a tutti, non solo ai fragili. La complicanza di un’infezione virale può essere grave anche in un soggetto immunocompetente, cioè sano’’. Lo stesso pneumologo con amarezza conclude: “L’influenza non è diversa da quella degli altri anni, già l’anno scorso l’abbiamo vissuta attribuendola anche alla fine (per quasi tutti ndr.) dell’utilizzo della mascherina. A non cambiare è però anche la bassa adesione alla campagna di vaccinazione’’.
Sulla necessità di aumentare la platea di persone vaccinate, in varie regioni d’Italia si stanno organizzando diverse campagne di sensibilizzazione e open day. A causa del picco influenzale si sono moltiplicati gli accessi ai pronto soccorso. A fronte dell’aumento degli accessi, a Napoli, l’Asl 1 Centro ha dovuto istituire un’unità di crisi, disponendo al contempo la sospensione ad horas in tutti i Presidi Ospedalieri di propria competenza e bloccando i ricoveri in regime programmato, a eccezione per le patologie oncologiche non differibili.
La polmonite
A dare delucidazioni sulle caratteristiche della forte influenza di quest’anno è anche, tra gli altri, il direttore del reparto di Malattie infettive all’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana e professore di Malattie infettive all’Università di Pisa, Marco Falcone, intervenuto all’agenzia Ansa. “L’influenza decorre in maniera relativamente benigna con manifestazioni delle alte vie respiratorie. Invece quest’anno, in un numero di casi più alto del solito, si tende a sviluppare una polmonite influenzale che non è molto diversa da quella tipica del Covid-19. Alcuni di questi pazienti – l’aggiunta di Falcone, che è altresì membro del consiglio direttivo della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit) – hanno bisogno del ricovero e in alcuni casi anche del ricorso alla terapia intensiva. Stiamo osservando frequentemente una forma di spossatezza che si protrae per diverso tempo dopo l’infezione. È qualcosa di simile al long-Covid, ma tende a risolversi in due-tre settimane”.
Le stesse polmoniti dovute all’influenza, conclude il professor Falcone, “tendono a complicarsi più frequentemente con sovrainfezioni batteriche, come quelle causate da Staphylococcus aureus o Pneumococco”. Ecco, poi, qualche consiglio: “Se si continua ad avere la febbre molto alta dopo 3-4 giorni e compare tosse con espettorato purulento, quella può essere una spia da non sottovalutare e occorre rivolgersi al medico e, semmai, verificare con una radiografia se è presente la polmonite”.