Sabato 13 gennaio 19,3 milioni di elettori in Taiwan sono stati chiamati al voto per eleggere il nuovo presidente e per rinnovare i 113 seggi dello Yuan legislativo. Un appuntamento elettorale importantissimo, questo di inizio 2024 per il Taiwan: tutta la politica internazionale ha puntato gli occhi sul voto il cui risultato potrebbe avere ripercussioni nel complicato equilibrio di rapporti tra Cina, Taiwan e Stati Uniti.
Sono stati giorni di altissima tensione con Pechino: dall’ oscuramento degli hashtag sul voto sulla piattaforma di social media Weibo (l’X cinese), al rilevamento da parte di Taipei di 8 jet e 6 navi militari cinesi intorno all’isola ed alla notizia del rilevamento da parte del Ministero della Difesa di Taiwan di due palloni cinesi che attraversavano lo stretto di Taiwan nelle ore subito precedenti al voto.
Queste elezioni si sono svolte con l’incubo delle intimidazioni della Cina che non intende affatto lasciar andare Taiwan. Ciò nonostante, sono state elezioni dall’affluenza quasi record: secondo le prime stime, oltre il 70% degli aventi diritto non ha mancato l’appuntamento con le urne. E con oltre il 40,2% dei voti, a spuntarla è stato “William” Lai del Dpp. “Oggi,Taiwan ha dimostrato ancora una volta al mondo l’impegno del nostro popolo a favore della democrazia”, ha scritto Lai sul suo account di X al culmine dello spoglio. “Guardando al futuro – garantisce -, restiamo impegnati a sostenere la pace nello Stretto di Taiwan e ad essere una forza del bene nella comunità internazionale”.
Today, #Taiwan has once again shown the world our people’s commitment to democracy. @bikhim & I are grateful for the trust placed in us. Looking forward, we remain committed to upholding peace in the Taiwan Strait and being a force of good in the international community. pic.twitter.com/9Xq18uRwxB
— 賴清德Lai Ching-te (@ChingteLai) January 13, 2024
Per la prima volta in assoluto la Commissione elettorale centrale ha decretato la terza vittoria consecutiva del Partito Democratico Progressista, non particolarmente “amico” della Cina. Secondo il conteggio non ufficiale di Formosa Tv, Lai avrebbe raccolto un totale 5 milioni e 300mila voti. A seguire, con circa il 33,38 % dei voti, il candidato del partito nazionalista Kuomintang (Kmt), ex ufficiale di polizia nonché sindaco di Nuova Taipei, Hou Yu-ih, da sempre distintosi per un atteggiamento più “accomodante” nei confronti di Pechino e dal Dragone favorito, dopo di lui, il terzo candidato Ko Wen-je del Partito Poolare di Taiwan (Ttp), che aveva concentrato la propria campagna elettorale sulla politica interna ed ha ottenuto circa il 26,34% dei consensi, percentuale più bassa rispetto alle previsioni iniziali.
Chi è Lai Ching-Te
Nessuna sorpresa per l’elezione del favorito da sempre dai sondaggi, che quando era ormai chiara la vittoria, rivolgendosi ai suoi sostenitori al quartier generale della campagna elettorale del Dpp, ha detto: “Abbiamo mostrato al mondo quanto abbiamo a cuore la nostra democrazia”. Lai Ching-Te detto William è in politica dagli anni Ottanta, di formazione di centro-sinistra è vice presidente di Taiwan dal 2020, ha 64 anni, difende l’indipendenza dell’isola ed ha un passato di studi in Medicina perfezionati ad Harvard.
Dal 2017 premier per 2 anni, è stato anche sindaco di Tainan per sette anni. Dal gennaio del 2023 è alla guida del Dpp, che – come evidenzia il Guardian – non sostiene comunque formalmente una dichiarazione di indipendenza. Descritto dal Global Times, tabloid quotidiano cinese, come un “separatista”, per Pechino è un “provocatore”.
Per tutto il corso della campagna elettorale avanti nei sondaggi, Lai – rispetto agli altri competitors – si è sempre manifestato quello più favorevole ad una maggiore rivendicazione della sovranità di Taiwan. Una parte fondamentale del suo programma elettorale riguarderebbe la volontà di rafforzare i legami politici ed economici con gli Stati Uniti e le democrazie di altri Paesi. Nonostante nel tempo le sue posizioni siano apparse più “moderate”, ha sempre sostenuto la possibilità di un dialogo futuro con il Dragone solo se Taiwan verrà trattata con “uguale rispetto” ed ha anche avvertito che “la comunità internazionale ha realizzato la minaccia che la Cina rappresenta per Taiwan ed il mondo”.
Le origini delle tensioni. La posta in gioco
Taiwan è un isola che conta circa 23 milioni di abitanti la cui economia riveste estrema importanza a livello mondiale. Gran parte delle apparecchiature elettroniche di uso quotidiano, dai telefoni ai laptop, agli orologi, alle console per videogiochi, è alimentata da chip per computer prodotti proprio a Taiwan.
Taiwan dista circa 100 miglia dalla costa del sud-est della Cina ed è indipendente dal 1949.
Pur non essendo mai stata governata dal partito Comunista Cinese, è stata sempre considerata come parte dello stato da Pechino. La Cina vede Taiwan come una provincia separatista da riportare sotto il controllo di Pechino, ma Taiwan si considera ben distinta dalla Cina continentale, con una propria costituzione e leader democraticamente eletti.
Secondo fonti storiche, l’isola sarebbe stata sotto il pieno controllo cinese nel XVII secolo, allora la Dinastia Qing iniziò ad amministrarla. Nel 1895, poi, l’isola venne ceduta al Giappone, dopo la sconfitta della prima guerra sino-giapponese ma nel 1945 con la sconfitta del Giappone nella seconda guerra mondiale, la Cina avrebbe ripreso l’isola. Allora, nella Cina continentale, scoppiò una guerra civile tra le forze governative nazionaliste guidate da Chiang Kai-shek e il Partito Comunista di Mao Zedong. I comunisti vinsero nel 1949 assumendo il controllo di Pechino.
Chiang Kai-shek ed altri esponenti del partito nazionalista – noto come Kuomintang – fuggirono a Taiwan, dove hanno governato per diversi decenni. La Cina farebbe riferimento a questa storia per dire che Taiwan era in origine una sua provincia, mentre i taiwanesi punterebbero sulla stessa storia per sostenere che non hanno mai fatto parte del moderno stato cinese formatosi per la prima volta dopo la rivoluzione del 1911 – o della Repubblica popolare cinese che fu fondata sotto Mao nel 1949. Chiang Kai-shek ha guidato il Kmt dopo essere fuggito a Taiwan. Da allora il Kuomintang è stato uno dei partiti politici più importanti di Taiwan governando l’isola per una parte importante della sua storia.
La Cina esercita attualmente una notevole pressione diplomatica sugli altri Paesi affinché non la riconoscano o facciano qualcosa che riguardi il riconoscimento formale. Attualmente solo 13 Paesi (oltre il Vaticano) riconoscono Taiwan come Paese sovrano. La maggior parte della comunità internazionale non riconosce formalmente Taiwan, pur trattandola come Stato indipendente. Ben si comprende, quindi, con quanta preoccupazione la politica internazionale guardi all’attuale risultato elettorale nonché alla incessante pressione della Cina su Taiwan attraverso esercitazioni militari (che ha già causato il maggiore coinvolgimento degli Stati Uniti, da cui l’isola di fatto dipende per la sua sicurezza).