“Tra i 144.000 e i 175.000 edifici in tutta la Striscia di Gaza sono stati danneggiati o distrutti. Si tratta di una percentuale compresa tra il 50% e il 61%”. Il dato viene fuori da un’analisi effettuata da Corey Scher della City University di New York e Jamon Van Den Hoek della Oregon State University e riportata da Bbc. L’indagine è stata effettuata confrontando le immagini satellitari: così sono stati rivelati cambiamenti improvvisi nell’altezza o nella struttura degli edifici, che indicano i danni.
Le immagini della devastazione mostrano anche come non sia stata risparmiata alcuna area della Striscia: da Nord a Sud, le aree residenziali sono state lasciate in rovina, le strade prima trafficate ora sono ridotte in macerie, le università sono distrutte e i terreni agricoli danneggiati. L’indagine condotta mostra anche come nella zona centrale e meridionale la distruzione si sia intensificata dall’inizio di dicembre, in particolare a Khan Younis, dove nelle ultime settimane oltre 38.000 degli edifici (più del 46%) sarebbero stati distrutti o danneggiati, più di 1500 solo nelle ultime due settimane.
L’estensione delle tendopoli a Sud
L’analisi dei dati satellitari permette anche di rilevare l’estensione sul confine meridionale delle tendopoli: le nuove tende sorte tra l’inizio di dicembre e la metà di gennaio vicino al confine egiziano coprivano circa 3,5 km quadrati, ossia quasi 500 campi da calcio della Premier League. Secondo le Nazioni Unite sono circa 1,7 milioni le persone sfollate (più dell’80% della popolazione di Gaza), e di queste quasi la metà ha trovato rifugio nell’estremità meridionale della Striscia. Le immagini satellitari catturate il 3 dicembre e il 14 gennaio mostrano che ora quasi ogni pezzo di terreno accessibile e non edificato a nord-ovest di Rafah è stato trasformato in un rifugio per gli sfollati.
La distruzione dei terreni agricoli, poi, acuisce il problema della fame a Gaza. Ora che anche la principale organizzazione umanitaria presente sul posto, la Unrwa, si trova in difficoltà per la sospensione dei finanziamenti da parte di diversi Paesi internazionali in seguito alle accuse di collaborazione con Hamas rivolte da Israele a una decina di dipendenti.
L’attacco nell’ospedale in Cisgiordania
Intanto la guerra continua. Non si ferma l’ascesa del numero dei morti a Gaza, che secondo il bilancio del ministero della Sanità gestito da Hamas è salito ad almeno 26.600. L’irruzione delle forze di difesa israeliane in un ospedale in Cisgiordania riaccende il dibattito sul rispetto da parte di Israele del diritto umano internazionale nella guerra che sta combattendo a partire dall’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso in cui furono uccise circa 1500 persone e 240 furono prese in ostaggio.
Ieri, diversi membri delle forze speciali israeliani, travestiti da medici e da civili, sono entrati nell’ospedale Ibn Sina, a Jenin, e hanno ucciso tre persone. Combattenti di Hamas, secondo quanto confermato dalla stessa organizzazione. Le telecamere di sicurezza dell’ospedale Ibn Sina hanno catturato quei momenti. Le immagini mostrano tre soggetti delle forze israeliane che, sotto copertura, si muovono in un corridoio del nosocomio con le armi puntate, poi il sangue sui pavimenti e sulle pareti, un cuscino celeste insanguinato e il foro di un proiettile al centro di un cuscino bianco su un letto poco distante.
The moment an undercover force from the Israeli occupation army, disguised as medical staff, sneaked into Ibn Sina Hospital in Jenin this morning and assassinated three Palestinian young men: Mohammad Jalamneh, and the brothers Basil and Mohammad al-Ghazawi. pic.twitter.com/IY8iaRZcVW
— Quds News Network (@QudsNen) January 30, 2024
Il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), che è custode delle Convenzioni di Ginevra che codificano il diritto umanitario internazionale, ha espresso preoccupazione: “Secondo il diritto internazionale umanitario, gli ospedali e i pazienti dovrebbero essere rispettati e protetti in ogni momento”, ha affermato nella dichiarazione riportata da Bbc. Ha poi aggiunto che discuterà della questione in un “dialogo confidenziale con le autorità interessate”.
Proprio nei giorni scorsi, il 26 gennaio, la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja si è espressa sulla questione rispondendo a un ricorso presentato dal Sudafrica: “Israele – è la sentenza – deve fare tutto ciò che è in suo potere per impedire atti che rientrino nel campo d’applicazione della Convenzione sul genocidio e per prevenire e punire l’istigazione diretta e pubblica a commettere un genocidio”, ha affermato la Corte. Ha inoltre aggiunto che “Israele deve anche adottare misure urgenti per garantire la consegna degli aiuti umanitari agli abitanti della Striscia di Gaza”.