Un anno fa il Medio Oriente si infiammava con la strage compiuta da Hamas. La guerra, iniziata di fatto con l’attacco al cuore di Israele ad ottobre 2023, oggi si è allargata a macchia d’olio: il conflitto coinvolge attualmente i territori di Israele e Gaza, con l’Iran ed il Libano.

Un anno dal 7 ottobre

Il 7 ottobre di un anno fa, all’alba, le forze di Hamas attaccavano Israele dalla Striscia di Gaza uccidendo 1139 persone e prendendone 250 in ostaggio.
Un attacco feroce, che coinvolse i kibbutz e prese di mira anche il Supernova Festival, organizzato per la festività ebraica di Smichat Torah. Negli stessi istanti, razzi venivano lanciati contro le postazioni militari israeliane.

In risposta al duro colpo le Idf, respinti i miliziani di Hamas nei kibbutz, davano il via all’offensiva di terra ed in breve tempo arrivarono a controllare quasi tutta la parte centro-settentrionale della Striscia.

Il 9 ottobre, il premier israeliano Benjamin Netanyahu dichiarava lo stato di guerra mobilitando migliaia di riservisti per riconquistare le aree finite sotto il controllo di Hamas. A fine mese Israele fece partire l’incursione via terra con l’ obiettivo di sradicare Hamas, distruggere la sua rete di tunnel e depositi sotterranei e liberare gli israeliani rapiti. In breve tempo le idf riuscirono a controllare zone sempre più vaste della Striscia e iniziarono raid aerei che provocarono morte e distruzione, costringendo migliaia di civili ad abbandonare le proprie case.

A novembre 2023 a Gaza la crisi umanitaria era ormai gravissima: mancavano acqua, carburante, cibo e farmaci. Anche gli ospedali iniziarono ad essere presi di mira: al-Shifa, il più grande, finisce sotto assedio ed oggi non esiste più.

La prima – e di fatto unica – tregua tra le parti venne sancita a novembre quando alcuni ostaggi israeliani vennero restituiti in cambio della liberazione di prigionieri palestinesi. Altri ostaggi sono stati in seguito liberati dalle Idf mentre una parte moriva durante la prigionia. Oggi delle poche decine di ostaggi che dovrebbero essere in mano ad Hamas si sa quasi nulla. Le trattative sembrano da mesi in fase di stallo.

Nelle ultime ore, nel corso di un incontro tra il premier Netanyhau e i vertici della difesa – secondo quanto riporta The Time of Israel, che cita la testata Yedioth Ahronoth – i funzionari avrebbero fatto sapere che “la quantità di informazioni che Israele è in grado di raccogliere sugli ostaggi a Gaza si sta disperdendo. Più passa il tempo e più le informazioni sugli ostaggi diminuiscono, e questo è molto preoccupante”.

Intanto, il ministero della Salute a Gaza, gestito da Hamas, aggiorna il bilancio delle vittime sostenendo che sarebbe di 41.909 palestinesi uccisi e di 97.303 feriti il totale nella Striscia dall’inizio della guerra (fonte Haaretz).

Gli obiettivi “mirati” di Israele

Tra i principali obiettivi israeliani, sin dall’inizio della guerra, ci sono stati comandanti ed esponenti di spicco del cosiddetto “Asse della resistenza“. Il caso che ha destato maggiore clamore è stato quello dell’uccisione a Beirut di Hassan Nasrallah, capo di Hezbollah dal 1992, ma a cadere nella campagna israeliana di “omicidi mirati” sono stati anche Ibrahim Qubaisi, capo della divisione balistica, Ibrahim Aqil, capo operativo della Forza speciale Radwan, e Fuad Shukr, braccio destro di Nasrallah per le operazioni militari. Nelle file di Hamas, oltre a Haniyeh, leader ucciso a Teheran, anche Mohammed Deif, considerato la mente dell’attacco del 7 ottobre 2023, è stato eliminato da Israele.

Dal primo scontro diretto Israele-Iran

Il primo scontro diretto tra Israele ed Iran è avvenuto il primo aprile 2024, quando Israele ha bombardato l’ambasciata iraniana a Damasco uccidendo due generali del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (noti come Irgc o pasdaran). La risposta di Teheran è quindi giunta pochi giorni dopo, quando, durante la notte tra il 12 e il 13 aprile ha attaccato per la prima volta in assoluto Israele con missili e droni.

La controrisposta israeliana si è avuta il 19 aprile con un raid che ha portato alla distruzione di un sistema di difesa di origine russa nei pressi della base aerea di Isfahan. Israele ed Iran iniziano a scontrarsi, intanto, anche indirettamente con l’ingresso nel conflitto di Hezbollah e degli Houthi.

L’ingresso di Hezbollah e degli Houthi nel conflitto

All’alba dell’8 ottobre, Hezbollah, considerato gruppo terroristico libanese, con lanci di razzi e pezzi d’artiglieria, spinge le autorità israeliane a far evacuare circa 65mila civili dalla fascia di terra al confine israelo-libanese. L’allora leader di Hezbollah, Hassam Nasrallah, a Beirut, il 3 novembre 2023 in un discorso comunica l’intenzione del “Partito di Dio” di proseguire con il sostegno a Hamas attraverso “l’azione di disturbo” già in corso.

Le ostilità tra le parti restano contenute fino a settembre 2024, quando le esplosioni di cercapersone e walkie-talkie, l’intensificarsi di raid israeliani con l’uccisione il 27 settembre 2024 del leader del “Partito di Dio” e un’invasione di terra israeliana trascinano il Libano nella guerra. Gli sfollati in Libano sarebbero già quasi 200mila. Oggi Hezbollah giura di “continuare a combattere contro l’aggressione israeliana”. La decisione del gruppo di aprire un “fronte di sostegno” a Gaza ha avuto un “prezzo pesante” per Hezbollah e i libanesi che si dichiarano comunque “fiduciosi, nella capacità della resistenza di opporsi all’aggressione israeliana”, secondo quanto riportato dal Times of Israel.

Gli Houthi, il movimento sciita Ansar Allah, i cosiddetti “partigiani di Dio” che controllano la porzione nord-occidentale dello Yemen, solidarizzando con i palestinesi, da metà ottobre 2023 avviano lanci di missili contro Israele e, soprattutto, attacchi sistematici contro navi in transito nel Mar Rosso che mettono in crisi una rotta fondamentale per il commercio mondiale. Bloccando lo stretto di Bab El-Mandeb, gli Houthi costringono le navi mercantili che passano tra l’Asia e l’ Europa ad attraversare l’Africa, con un aumento considerevole in termini di costi di trasporto e di prezzi delle merci, con lo scopo di effettuare pressioni sui governi occidentali affinché, a loro volta, premano su Israele per il cessate il fuoco a Gaza.

Il ruolo degli USA

Tra i principali alleati di Israele, gli Stati Uniti giocano da un anno a questa parte un ruolo fondamentale.
L’escalation iniziata il 7 ottobre 2023 ha rappresentato un durissimo colpo per l’amministrazione Biden costretta ad occuparsi nuovamente del Medio Oriente dopo il ritiro nel 2021 delle proprie truppe dall’Afghanistan.
Con l’obiettivo sempre manifestato di sostenere il diritto di Israele di difendersi, attraverso la diplomazia e la deterrenza militare, gli USA sono da subito tra i protagonisti del conflitto e subiscono numerosi attacchi: dall’ottobre 2023 le milizie sostenute dall’Iran conducono oltre 170 attacchi contro basi e risorse militari statunitensi in Siria, Iraq e Giordania. Gli USA rispondono sempre in modo chirurgico, fino ad arrivare a febbraio 2024 quando ogni attacco contro obiettivi americani si interrompe per poi riprendere in modo sporadico dopo settembre.

Aspettando la risposta di Israele

Le accuse tra Hamas ed Israele sono da mesi pesanti: mentre Hamas accusa Israele di crimini di guerra, Tel Aviv critica il movimento per l’utilizzo di persone e strutture civili come scudi. Ieri, alla vigilia del primo anniversario, mentre il capo dell’esercito israeliano, rivolgendosi ai soldati, ha affermato che l’ala militare di Hamas è stata “sconfitta”, Hamas ha celebrato il “glorioso” attacco in un comunicato.

Oggi, nel giorno in cui si ricordano le vittime del terribile attacco del 7 ottobre 2023, con commemorazioni in tutto il mondo, il fuoco non si ferma: Hamas ha rivendicato poco fa il lancio all’alba di razzi da Gaza verso Israele.

È oramai chiaro che la crisi ha raggiunto il livello più rischioso: l’escalation su base regionale, da tutti temuta e che le diplomazie del mondo hanno cercato a lungo di scongiurare, è realtà, e con il trascorrere dei giorni fa maturare il convincimento che i suoi esiti potrebbero essere imprevedibili.

Nell’attuale fase è attesa la risposta di Israele all’ultimo attacco subito il 1 ottobre 2024. Non è facile prevedere cosa potrebbe succedere, le ipotesi più accreditate dalle comunità internazionali riguardano la possibilità che Tel Aviv scelga di colpire impianti di produzione ed estrazione petrolifera oppure obiettivi che rientrano nel programma nucleare iraniano. Il rischio maggiormente temuto, in questo ultimo caso, è che il conflitto che già interessa numerosi attori – l’Iran, Hezbollah in Libano, gli Houthi nello Yemen, gli Stati Uniti e l’Europa – si espanda sul piano internazionale con una guerra aperta.

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