Più di 90 opere di Picasso, testimonianza di una travagliata condizione di esule e straniero vissuta dall’artista in Francia che ha inevitabilmente influenzato la sua pratica artistica. Sono in mostra a Milano. A cinquant’anni dalla scomparsa, l’opera di Pablo Ruiz Picasso viene indagata e raccontata nella cornice di Palazzo Reale attraverso la lente del suo stato di immigrato, rifiutato, censurato dalla nazione che lo ha visto crescere e raggiungere il successo, la Francia.
Oltre alle opere, anche documenti, fotografie, lettere e video, provenienti principalmente dal Musée National Picasso-Paris (MNPP) ma anche dal Musée National de l’Histoire de l’Immigration di Parigi e dalla Collection Musée Magnelli Musée de la céramique di Vallauris. Promossa dal Comune di Milano-Cultura, la mostra nasce dall’idea di Annie Cohen-Solal, autrice di Picasso, curatrice scientifica del progetto espositivo, ed è prodotta da Palazzo Reale con Marsilio Arte grazie alla collaborazione del Musée National Picasso-Paris (MNPP), principale prestatore, del Palais de la Porte Dorée con il Musée National de l’Histoire de l’Immigration e della Collection Musée Magnelli Musée de la céramique di Vallauris. La mostra si avvale anche della curatela speciale di Cécile Debray, presidente del MNPP.
“Un’occasione straordinaria per riflettere non solo sull’opera di uno dei più grandi artisti del Novecento, ma anche sulle dinamiche storiche e sociali che hanno influenzato la sua vita e il suo percorso creativo”, per Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura del Comune di Milano. “Milano- ha aggiunto -, con la sua tradizione di accoglienza e apertura culturale, si conferma ancora una volta un centro internazionale in cui l’arte diventa strumento di dialogo e inclusione. L’approccio innovativo di questa esposizione ci invita a riscoprire Picasso sotto una nuova luce, quella dell’uomo, oltre che dell’artista, segnato dall’esperienza dell’essere straniero”. La mostra, che sarà visitabile fino al 2 febbraio 2025, segue la traiettoria estetica e politica di Picasso, per illustrare come abbia plasmato la propria identità vivendo nella difficile condizione di immigrato. Un progetto che apre a più riflessioni sui temi dell’accoglienza, dell’immigrazione e della relazione con l’altro.
L’immigrazione di Picasso
Pablo Picasso, nato nel 1881 a Malaga in Spagna, si stabilisce a Parigi nel 1904. Nonostante la Francia diventi la sua casa e la sua fama cresca oltre i confini nazionali, l’artista non otterrà mai la cittadinanza francese. Nel 1901 viene schedato per sbaglio – con il numero 74.664 – come anarchico sottoposto a sorveglianza speciale, prima di stabilirsi definitivamente a Parigi nel 1904, dove si di affermerà come leader dell’avanguardia cubista.
Durante la guerra civile in Spagna, l’artista realizza Guernica (1937), l’immensa tela destinata a diventare il vessillo universale della resistenza antifascista. Nel 1940, temendo di essere in pericolo in Francia, dove l’invasione nazista è imminente, Picasso decide di inoltrare la domanda di naturalizzazione, che viene rifiutata. Risale al 1929 poi il gran rifiuto del Louvre alla donazione de Les Demoiselles d’Avignon (1906-1907), nonostante sia ormai celebrata in tutto il mondo.
Nel 1955, quando Picasso lascia Parigi per stabilirsi nel sud della Francia, sceglie di lavorare con gli artigiani del posto, voltando deliberatamente le spalle alla tradizione del bon goût: decide insomma di immergersi nel mondo mediterraneo, nel sincretismo originario delle sue molteplici identità, consegnando il proprio mito al vasto mondo.
La mostra
Come ha fatto, in un secolo caratterizzato da grandi turbolenze politiche, in un mondo dilaniato da nazionalismi di ogni specie, a imporre le sue rivoluzioni estetiche? L’esposizione di Milano risponde a queste domande, al di là dell’aspetto puramente formalista dell’opera dell’artista, grazie a un approccio multidisciplinare e alla ricerca negli archivi della polizia francese e del MNPP.
Il percorso espositivo si snoda in ordine cronologico, dal 1900 al 1973. Nel dipinto La lettura della lettera (1921), ad esempio, Picasso rappresenta sé stesso accanto a un amico, che potrebbe essere il poeta Guillaume Apollinaire o il poeta Max Jacob, oppure Georges Braque: ma ciò che emerge è l’importanza che l’artista – proprio a causa della fragilità della sua condizione di straniero – attribuisce ai legami e alle amicizie che ha costruito nel corso degli anni.
Tra le oltre quaranta opere per la prima volta esposte in Italia – tra dipinti, disegni, sculture – c’è una piccola gouache Gruppo di donne del 1901: Picasso nei primi mesi a Parigi lavora moltissimo, eseguendo a tempo di record sessantaquattro opere che ci pongono di fronte a personaggi sconcertanti, ritratti con colori violenti, con ampi tocchi di rosso che spiccano come ferite. È il popolino di Parigi, osservato nei bassifondi della città, nei caffè e nelle stradine di Montmartre, insieme al gruppo accogliente dei catalani del quale adesso anche Picasso fa parte.
“Guardato con sospetto come straniero, uomo di sinistra, artista d’avanguardia, Picasso si destreggia con abilità e acume politico in un paese che poggia su due grandi istituzioni: la police des étrangers e l’Académie des beaux-arts, che tutelano ossessivamente la ‘purezza della nazione’ e il ‘buon gusto francese’ – racconta Annie Cohen-Solal -. “Nella mia ricerca appare costantemente l’immagine di un Picasso vulnerabile e precario, perché sapeva di poter essere espulso in qualsiasi momento. Tuttavia, seppe navigare da grande stratega contro la xenofobia diffusa”.
L’esposizione è stata realizzata anche grazie al sostegno di Unipol Gruppo, main sponsor, con il supporto di BPER Banca: “La mostra apre una nuova prospettiva nella comprensione dell’arte di Picasso, indagando come la sua condizione di “straniero” in Francia abbia influito e plasmato la sua identità artistica. Considerato “straniero” anche per aver rotto alcuni schemi di giudizio estetico tipicamente borghesi. Nonostante le critiche dei tradizionalisti, e forse proprio per questo, Picasso è stato libero, indecifrabile, incontrollabile, cosmopolita, disinvolto nella gestione dei suoi rapporti di lavoro e disinvolto nella vita privata, nella sua arte ha rimodellato i canoni estetici di riferimento, attraverso la scomposizione dei volumi ha tracciato nuove strade ardite e irripetibili” afferma Vittorio Verdone, Direttore Communication and Media Relations Unipol Gruppo.
Accompagna la mostra il catalogo, pubblicato da Marsilio Arte, che si apre con una sezione introduttiva, che raccoglie interventi istituzionali e curatoriali, oltre a un testo a firma dello scrittore Niccolò Ammaniti. Segue un percorso cronologico diviso in quattro macro-sezioni, in cui viene presentata la parabola artistica di Picasso, strettamente interconnessa ai diversi periodi della sua vita. Il volume, completato da apparati dedicati alle opere in mostra, ai documenti e alle illustrazioni dei saggi, rivela la situazione del Picasso “straniero” in Francia e la ricezione del suo lavoro da parte delle istituzioni francesi, che sembra essere intessuta di anomalie, discrepanze, a volte persino da scandali. Senza mai esporre pubblicamente i suoi problemi con le autorità francesi, Picasso riuscì, a seconda delle circostanze, a navigare mirabilmente in questi travagliati periodi storici, lasciando che il suo lavoro parlasse da solo.
“Marsilio Arte – afferma Luca De Michelis, amministratore delegato di Marsilio Editori e Marsilio Arte – sta implementando la sua presenza nella città di Milano con una programmazione condivisa e costruita con il Comune di Milano, di cui é partner continuativo: Picasso lo straniero é un progetto editoriale integrato complesso e articolato con un saggio, un catalogo e la mostra che si inserisce nel panorama espositivo per la sua originalità di approccio e indagine scientifica, oltre che come esperienza di visita. Un’esposizione differente, necessaria per i temi affrontati, così attuali, e per il dibattito che ne sta già scaturendo”.