Hanno creato dibattito tra i lettori di Tell le parole della psicologa-psicoterapeuta cognitivo-comportamentale esperta in età evolutiva Maria Cimmino, interpellata dal nostro giornale dopo il caso di Leonardo Calcina, il 15enne suicidatosi a Montignano di Senigallia (Ancona) perché stanco di subire atti di bullismo.
La dottoressa ha richiamato alle proprie responsabilità soprattutto i genitori e le famiglie, mostrando una visione dissimile ad esempio dalla mamma del ragazzo che aveva tirato in ballo un presunto mancato ascolto della scuola Panzini dove Leonardo studiava invitando il preside della scuola ad allontanarsi nel corso del funerale del giovane.
La critica di Luca Trapanese
A mostrarsi in disaccordo con le parole della psicologa e psicoterapeuta Cimmino è Luca Trapanese, assessore al Welfare del Comune di Napoli. Trapanese è il papà di Alba, la ragazzina con sindrome di down adottata come genitore single dall’attuale membro della giunta di Gaetano Manfredi. “Io sono sconcertato e anche in grande disaccordo su quanto detto dalla psicologa Cimmino – afferma senza mezzi termini Trapanese – Dare responsabilità alle famiglie significa non avere la consapevolezza delle problematiche sociali, economiche, del lavoro, della casa che oggi vivono. E questo lo dico come assessore alle Politiche Sociali della terza città d’Italia”.
A tal proposito Trapanese sottolinea: “Se io fossi il papà di un ragazzo che ha un disagio sociale, non saprei dove andare. I servizi sociali potrebbero anche indirizzarmi ma non c’è un vero e proprio accompagnamento e non esiste uno sportello integrato”. E ancora. “Posso garantire che se un ragazzo ha un disagio mentale, devi aspettare mesi per avere una visita da un neuropsichiatra o da uno psicologo dell’Asl. Questa è una non valorizzazione di un problema sociale. La responsabilità è di una comunità, non di una famiglia”.
Il supporto alle famiglie e il caso di Leonardo
Il caso di Leonardo continua a tenere banco, il dibattito e il confronto sono aperti (anche se forse non abbastanza). Su questo l’assessore al Welfare di Napoli e padre di Alba, Luca Trapanese, ricorda come il problema del ragazzo fosse “sociale. Poteva essere psicologico e clinico ma non c’è una vera e propria azione che potesse affiancare la famiglia. Non a caso la madre si è rivolta contro il preside, perché fondamentalmente la scuola è il secondo baluardo della vita di un ragazzo dopo la famiglia”.
Per Trapanese proprio famiglia e scuola sono “istituzioni devastate. La scuola è inadeguata ad accogliere le fragilità, sia perché non è strutturata sia perché corre rispetto a quelle che sono le necessità primarie, non sono quelle di un ragazzo fragile”. L’assessore, dunque, rafforza il concetto. “Non si può addossare la responsabilità a un genitore perché non ha capito che un proprio figlio fosse in depressione. Ripeto, mancano i servizi. Le Asl sono, anche loro, esasperate dai problemi. Vi assicuro che se un ragazzo ha un problema mentale, non c’è un Asl che se ne prende cura. La responsabilità è di una comunità, non di una famiglia. Invece di pensare a sostenere la famiglia tradizionale – è il pensiero di Trapanese – noi dovremmo pensare a sostenere le famiglie, solo e abbandonate. Non ci sono strumenti e non hanno le famiglie non hanno gli strumenti, non c’è una rete sociale né un welfare sociale a supporto di tutti i genitori. Anche rispetto ai social: essi sono uno strumento, bisogna regolarizzarlo per permettere di utilizzarli in modo educativo”.
Infine, un altro punto toccato nelle sue dichiarazioni dalla dottoressa Cimmino è quello della sessualità (in relazione soprattutto al collegamento ai siti porno soprattutto dei ragazzi). Anche qui Trapanese confuta la tesi della psicologa e psicoterapeuta: “È sbagliato addossare il problema al genere, maschile-femminile. Sono aumentate le percentuali di sifilide, di gonorrea e altre malattie trasmissibili perché c’è un uso promiscuo della sessualità dei giovani, non di genere. I ragazzi oggi sono molto più fluidi, oggi e la percentuale di queste infezioni è aumentata tra le ragazze”. Il tema, a scuola, resta ancora un tabù. Ancora Trapanese. “Parlare di maschi e femmine non inquadra il problema, lo dobbiamo affrontare dal punto di vista educativo. Se la parola sessualità nella scuola non viene usata è perché bisogna aspettare le direttive del Ministero. Educatori e insegnanti vogliono parlarne ma le dirigenti affermano che bisogna aspettare le direttive del Ministero. Il sesso non viene affrontato come una possibilità e necessità della nostra vita. E, anche qui, che colpa ne hanno i genitori?”.