Condannato a tre anni di carcere con un processo senza il rispetto dei diritti da concedere a un imputato, ha subìto torture e vessazioni nella colonia penale in cui è stato rinchiuso. Scontata la pena, ha deciso di lasciare il proprio Paese con il serio rischio di perdere il diritto di cittadinanza e la possibilità di ritornarci perché ritenuto un estremista e un terrorista. Tutto questo per aver contestato l’esito del voto del 2020 che ha visto un nuovo trionfo del dittatore della Bielorussia Aljaksandr Lukashenko, un risultato non riconosciuto da buona parte della comunità internazionale che ritiene quelle elezioni irregolari. Leonid Soudalenko è un attivista bielorusso già dirigente dell’Ong “VIASN’’, che vigila sul rispetto dei diritti umani in Bielorussia. Dell’Organizzazione non governativa fa parte anche il Premio Nobel per la Pace 2022 Ales Bialiatski, attualmente in regime di carcere duro, condannato a 10 anni in quanto anch’egli strenuo oppositore dell’attuale leader.

Leonid Suodalenko, a cui è stato anche conferito il prestigioso premio “Homo Homini”, grazie al contatto con Amnesty International che si è battuta per la sua liberazione dal carcere, è arrivato di recente in Italia tenendo alcuni seminari in città come Roma, Catania, Palermo passando per Napoli.

L’incontro a Napoli

Il nostro incontro con Leonid avviene proprio a Napoli, al Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università “Federico II”, dove Leonid ha parlato della sua storia nel pomeriggio di mercoledì. Soudalenko sotto la giacca indossava una maglietta con il volto del suo amico e collega Bialiatski, segno che combatte anche per la sua libertà come quelli degli altri dissidenti.

Secondo alcuni calcoli, gli arrestati per le proteste post elezioni del 2020 in cui si è messa in discussione la regolarità del voto sono 1500. “Lukashenko a quelle elezioni non aveva più la maggioranza dei voti perché le persone volevano un cambiamento. L’unica modalità per continuare a restare al potere era quella di esercitare la repressione, solo per questa ragione sono cominciate quelle proteste”, afferma Leonid, che dice senza mezzi termini: “Considero Lukashenko nient’altro che un dittatore, che da trent’anni governa il Paese con il pugno di ferro avvalendosi della Polizia e dei Servizi che sono costretti ad accompagnarlo”. Soudalenko non potrebbe esprimersi diversamente, visto il pugno di ferro utilizzato da Lukashenko per reprimere il dissenso in Bielorussia da quando è diventato presidente nel 1994.

“Sono stato accusato – ricorda Leonid – sulla base della norma del codice penale della Bielorussia articolo 342, di aver organizzato e finanziato proteste nella città di Gomel nel 2020″. Le perquisizioni, i controlli, l’arresto, il trattamento disumano in carcere, la repressione nelle piazze sono tutti ingranaggi della macchina del regime bielorusso per fiaccare gli oppositori.

Leonid ricorda quel periodo terribile. “Il trattamento avuto è stato disumano, degradante della mia dignità. Nel 2021 sono stato arrestato mentre andavo a lavoro e portato nel carcere di Gomel. Nella mia casa e nel mio ufficio sono stati sequestrati dispositivi utilizzati per condurre le mie attività con la mia Ong per la protezione dei diritti umani”. Leonid si abbandona a tristi ricordi dopo la condanna a tre anni di reclusione. “Ho subìto perquisizioni invasive sul mio corpo e ho dovuto eseguire ripetutamente dei piegamenti restando nudo. Mi hanno ammanettato con le mani dietro la schiena e in questa posizione mi hanno trasportato quasi 25 volte in Tribunale per le udienze, sempre con la faccia rivolta verso il basso. Uno degli agenti della Polizia giudiziaria si incatenava alle mie mani con una catena metallica’’.

Soudalenko conosce l’inferno della colonia penale. “Mi è stata negata l’attenuante della sussistenza a mio carico di mio figlio minorenne (Lenoid è sposato e ha tre figli, ndr.). Nel 2022 con il rito abbreviato e in Appello, in assenza mia e del mio difensore, è stata confermata la mia condanna. Sono stato trasferito nella colonia penale numero 3 a Nord della Bielorussia, dove le repressioni politiche si sono manifestate con la loro peggior forma. Io e altri come me siamo stati dichiarati inclini all’estremismo o ad altre attività pericolose”. Non è tutto. “Ho scontato l’intera pena senza poter ricevere la visita dei familiari né avere il diritto di corrispondenza. Non ho potuto ricevere pacchi postali da parte della mia famiglia e quelli che venivano portati tornavano indietro con la dicitura ‘si è rifiutato di ricevere’. Avevo una paga minore del previsto e sono stato confinato in isolamento senza biancheria, materassi, cuscini. Le condizioni del rigido freddo che dovevo affrontare senza potermi coprire sono state delle vere e proprie torture”. Prosegue Soudalenko: “Nel periodo dell’isolamento ero sottoposto ai lavori forzati in un’officina fredda, presso la quale non avevo indumenti di protezione individuale. Svolgevo un lavoro sporco e dannoso della salute senza neppure essere pagato. Se non producevo determinati risultati, venivo posto nuovamente in isolamento come punizione”.

Lenoid insiste: “In Bielorussia si può morire in carcere per le torture che stai subendo, Bialiatski rischia di morire. E tutto questo capita nel cuore dell’Europa: invoco anche una solidarietà nei suoi confronti oltre per gli altri. Ci sono altri due Paesi dove sono stati premiati con il Nobel persone che sono state incarcerate: L’Iran e la Cina”.

La liberazione e le continue persecuzioni

Nel 2023, anche su pressione di una trentina di Ong e associazioni per i diritti umani, come Amnesty International, Leonid torna in libertà scontata la condanna. Ma la persecuzione per lui da parte del regime di Lukashenko prosegue. “Sono stato segnalato con dei dati personali, definito estremista e per questo ho avuto altri obblighi per i successivi 5 anni come il divieto di abbandonare il Paese e la mia città, Gomel. Inoltre, ogni domenica dovevo partecipare alle attività come la visione di film patriottici come forma di rieducazione. Due volte al giorno gli ispettori venivano a casa mia e filmavano la mia presenza e anche l’acquisto di cose di modico valore erano controllati dallo Stato. L’inosservanza poteva portare a una ulteriore pena di altri 15 giorni di arresto e di una multa”.

Leonid si sente continuamente in pericolo e per questo decide di abbandonare la Bielorussia lasciando la sua famiglia. Sua moglie e uno dei suoi tre figli sono oggi ancora nella Patria natia, altri due si trovano in Polonia. A intervalli più o meno regolari, riesce a sentirli e a parlarci. Soudalenko arriva prima in Russia e poi, con non poche difficoltà, arriva in Lituania dove tuttora risiede come rifugiato nella capitale Vilnius. Una mossa che attira nuovamente l’ira del regime. “Solo dopo aver raggiunto un luogo sicuro ho saputo di un nuovo procedimento a mio carico e delle nuove perquisizioni. Sono stato dichiarato ricercato in Bielorussia e a livello federale in Russia. Il terreno di mia proprietà mi è stato sequestrato e il 17 luglio del 2024 il diritto penale della regione di Gomel mi ha condannato, in mia assenza, a 5 anni di reclusione in un regime detentivo severo”.

Un’altra freccia malefica che il regime di Lukashenko vuole scagliare è quella di vietare agli oppositori giudicati estremisti di tornare in Bielorussia. Spiega Leonid: “Le autorità bielorusse vogliono togliere la cittadinanza a chi è stato condannato per attività estremista e terrorista. Per Lukashenko non siamo degni di avere la cittadinanza bielorussa e quindi si è ipotizzato di stabilire un divieto di ingresso di nuovo in Bielorussia per trent’anni. Se ciò fosse deciso, io non potrei più tornare nel mio Paese”.

Il presente e il futuro della Bielorussia

Nel gennaio 2025 sono previste le nuove elezioni in Bielorussia. Lukashenko qualche mese fa aveva fatto intendere di essere pronto al ritiro, invece parteciperà alle elezioni per la settima volta. Leonid è duro e non ha mai avuto dubbi sulla volontà di proseguire da parte del dittatore. “La parola di Lukashenko non vale niente. C’è un detto russo che dice: ‘Si può sputare per terra ma puoi calpestarla con una scarpa’. Se lui non si ricandidasse, sa benissimo che può finire in prigione per i crimini contro l’umanità commessi, come li ha commessi il suo amico Putin, l’unico alleato che ha, in Ucraina”. Leonid fa una digressione sul conflitto: “Quando nel 2022 c’è stato l’attacco russo all’Ucraina, io ero in prigione e non ho saputo immediatamente dell’accaduto. Poi sono venuto a conoscenza del fatto che dalla mia città natale, Gomel, partivano i bombardamenti a Cherniv e questo mi addolora tanto perché i bielorussi vogliono pace e libertà. Un milione è stato costretto a fuggire dal territorio, ma non è facile andare via”.

Soudalenko fa riferimento alla richiesta all’Aja da parte del Ministero della Giustizia, datata 30 settembre 2024, “di avviare un’indagine per i crimini contro l’umanità commessi da Lukashenko, inclusa la deportazione delle persone e perquisizioni dei soggetti ritenuti estremisti”. Un mandato di arresto in tal senso ha già raggiunto proprio Vladimir Putin per quanto fatto dai suoi soldati in Ucraina. Lukashenko quindi – aggiunge Soudalenko – “deve stare al potere per non finire in prigione. Ha detto che vuole difendere non la Patria nè la popolazione ma il suo potere, anche con il fucile. Nel 1994, effettivamente, Lukashenko ha vinto le elezioni sfruttando anche il periodo post caduta dell’Urss e dal punto di vista economico il Paese era in difficoltà. Lukashenko è un populista e quindi speravano per il meglio delle persone, la maggioranza l’aveva votato credendo in lui. I diritti umani sono calpestati da oltre 25 anni”.

Una delle domande è se le opposizioni riusciranno a convergere su un nome in grado di sconfiggere finalmente il presidente in carica da trent’anni. Soudalenko appare pessimista: “Chiunque si dovesse presentare, sarà ucciso o incarcerato e in queste elezioni non ci sarà un candidato dell’opposizione. Al massimo potrebbe presentarsi un candidato fantoccio, magari una donna, per far comprendere che l’opposizione esiste ma che non sia tale effettivamente. In Bielorussia ti possono incarcerare anche se indossi un colore sbagliato, come ad esempio il bianco e il rosso (il colore di un braccialetto che Leonid porta al polso destro, ndr.) e ti potrebbero accusare e avere 5 anni di reclusione”.

Le parole di Amnesty International

Riccardo Noury, portavoce Amnesty International Italia, anche lui presente all’incontro della Federico II a Napoli, fa un’amara riflessione: “La Bielorussia sembra quei Paesi degli spazi ex sovietici dell’Asia centrale. C’è una satrapia, l’unico Paese che ha la pena di morte in Europa, incarcera, tortura, violenta chi esprime dissenso in maniera pacifica. Speriamo che finita questa storia, per motivi anagrafici, succeda qualcosa e che si rispettino i diritti umani”. Per troppo tempo però il caso Bielorussia è rimasto sottaciuto, forse perché nel periodo in cui l’Europa faceva affari con la Russia si tollerava quanto avveniva. Noury sembra d’accordo: “Ci sono stati dei doppi standard, una miopia della comunità internazionale. La Bielorussia è sempre passata sotto i radar come Stato vassallo con la Russia. E nonostante i rapporti si siano incattiviti (dopo l’invasione dell’Ucraina del febbraio 2022, ndr.), la Bielorussia continua a rimanerci, sotto i radar. Noi – conclude il portavoce di Amnesty International Italia – dalla fine degli anni ’90 segnaliamo il deterioramento dei diritti umani in Bielorussia, cominciato da quando governa Lukashenko”.

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