La decisione sulla tregua è presa. Il provvedimento che era nell’aria già da sabato sera, dopo circa 70 ore è finalmente realtà: stop agli scontri Hezbollah-Israele a partire dal mattino di mercoledì 27 novembre.

L’annuncio ufficiale è stato dato dagli Stati Uniti. “Ho parlato con il premier di Israele e con quello del Libano e posso annunciare la tregua”, così Joe Biden in un discorso alla Casa Bianca. Il Presidente Usa, a poco meno di due mesi dal passaggio di consegne in favore del suo successore, ha precisato anche che “a Hezbollah non sarà consentito di minacciare più la sicurezza di Israele” e che “non ci saranno truppe americane nel sud del Libano”.


Questa tregua fa ben sperare anche per un vicino cessate il fuoco nel territorio di Gaza dove la crisi umanitaria è a livelli altissimi, a tal proposito Biden ha riferito: “Anche a Gaza serve una tregua urgente, la popolazione civile sta vivendo un inferno. L’ unica via verso il cessate il fuoco è la liberazione degli ostaggi” ed ha annunciato: “Nei prossimi giorni gli Stati Uniti lanceranno una nuova iniziativa insieme a Turchia, Egitto, Qatar, Israele e altri Paesi per raggiungere il cessate il fuoco a Gaza e la liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas”. Anche il segretario di Stato Usa Antony Blinken, nella conferenza stampa conclusiva del G7 tenutosi a Fiuggi, ha spiegato che l’accordo aiuterà a raggiungere la fine della guerra a Gaza.

La fumata bianca per la tregua è giunta al termine di una giornata di scontri durissimi: pesanti raid dell’aviazione ebraica su Beirut, nel sud del Libano e nella Valle della Bekaa hanno ancora provocato devastazione. Mentre il premier israeliano spiegava la tregua, l’Idf colpiva nella capitale libanese il quartiere Hamra. Le filiali dell’associazione Al-Qard al-Hasan, utilizzata da Hezbollah come una banca, sono state bombardate unitamente ad altri obiettivi.

Prima di presentarsi alla conferenza stampa indetta per spiegare della tregua si sono tenute numerose consultazioni tra il premier israeliano ed i suoi: prima Netanyahu ha visto i ministri di ultradestra contrari al cessate il fuoco, poi si è riunito con un altro gruppo di ministri ed alti funzionari della Difesa. L’accordo è stato sottoposto all’approvazione del gabinetto e non del governo e della Knesset (parlamento d’Israele), poiché – questa la motivazione addotta – si tratterebbe di un documento di cessate il fuoco e non una decisione politica.

In una nota diffusa dall’Ufficio del primo ministro israeliano dopo il discorso di Biden alla Casa Bianca si legge: “Ll primo ministro Benjamin Netanyahu ha parlato con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e lo ha ringraziato per il coinvolgimento degli Stati Uniti nell’ottenimento dell’accordo di cessate il fuoco in Libano e per l’intesa che Israele manterrà la libertà d’azione nei suoi territori”.

Netanyahu nella conferenza stampa ha spiegato le motivazioni della tregua non annunciando apertamente che l’accordo era stato siglato e lasciando, in questo modo, a Biden questo onore. “Perché fare una tregua adesso? Per tre motivi: bisogna concentrarsi sulla minaccia iraniana; rinnovare le forze e i rifornimenti di armi; separare i fronti ed isolare Hamas”, queste le parole di Netanyahu che non ha precisato la durata dell’intesa ma ha chiarito: “La durata dipenderà da ciò che succederà sul terreno”.

“Un passo fondamentale verso la stabilità regionale”, così il premier libanese, Najib Mikati, poco dopo l’annuncio di Biden della tregua tra Israele ed Hezbollah, che dovrebbe riguardare un periodo “cuscinetto” di 60 giorni. “Apprezzo gli sforzi congiunti di Stati Uniti e Francia per raggiungere questa intesa. Riaffermo l’impegno del governo ad attuare la Risoluzione internazionale 1701, rafforzando la presenza dell’esercito nel sud e cooperando con la Forza ad interim delle Nazioni Unite in Libano”, ha scritto poi su X Mikati.

Per le strade di Beirut si festeggia il cessate il fuoco. E a Sud della città, nella roccaforte di Hezbollah, c’è chi sventola bandiere e foto di Nasrallah, il leader ucciso il 27 settembre scorso in un bombardamento delle forze armate israeliane.

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