Fonte foto: emol - Twitter

Sono apparsi alla tv di Stato e su Radio Damasco per comunicare di aver posto fine al regime di Bashar al-Assad, presidente della Siria da quasi 25 anni. Così le forze ribelli hanno annunciato la caduta di Damasco e la liberazione dei prigionieri politici, e hanno invitato “i mujaheddin e i cittadini a preservare la proprietà dello Stato della Siria libera”. “Lunga vita alla Siria, libera e orgogliosa. A tutti i siriani, qualunque sia la loro setta”, hanno aggiunto.

Assad in fuga, avrebbe lasciato Damasco in aereo per una destinazione sconosciuta. ll primo ministro siriano Mohammed Ghazi al-Jalali, ha detto di non sapere dove si trovi e ha ha dichiarato di essere disposto a “collaborare” con qualsiasi leadership scelta dai cittadini del Paese per garantire una transizione ordinata del potere e la possibilità di libere elezioni per formare il prossimo governo.

Bashar al-Assad era salito al potere nel 2000 dopo la morte del padre Hafez, che aveva governato il Paese per 29 anni, anche lui con il pugno di ferro. Assad aveva ereditato una struttura politica rigidamente controllata e repressiva e si sperava che lui potesse essere diverso, più aperto. Ma così non è stato: sarà ricordato per sempre come l’uomo che ha brutalmente represso le proteste pacifiche contro il suo regime nel 2011, portando a una guerra civile che ha causato la morte di più di mezzo milione di persone e alla fuga di sei milioni di siriani, molti dei quali rifugiati nel vicino Libano. Sono proprio questi ultimi che con la notizia della fine del regime di Assad si sono affollati al confine per tornare a casa.

A Damasco le forze anti-assadiste stanno prendendo di mira i luoghi del potere di Assad, oltre che quelli dei suoi alleati. La residenza privata della famiglia Assad, nel quartiere al-Maliki, a Damasco, è stata saccheggiata. Saccheggiata anche l’ambasciata iraniana: l’Iran è sempre stato alleato di Assad ma negli ultimi giorni non sarebbe intervenuto per fermare i ribelli.

Tante le persone scese in strada per festeggiare la fine del regime di Bashar al-Assad, anche con spari celebrativi.


A Damasco ci sono siriani che cantano per strada, che sventolano bandiere. Con la caduta del regime di Assad è cambiata anche la bandiera siriana. Le persone scese in piazza per festeggiare stanno sventolando la bandiera utilizzata nei primi anni dell’indipendenza dalla Francia e adottata dai ribelli durante la guerra civile come simbolo della Coalizione nazionale siriana, quella con tre strisce orizzontali, una verde, una bianca e una nera (i colori di tre storici califfati), e con tre stelle a cinque punte che originariamente rappresentavano tre province siriane.

Nelle città liberate dai ribelli la “nuova” bandiera ha rimpiazzato quella nazionale siriana usata fino ad oggi, rossa, bianca e nera con due stelle, considerata troppo legata alla “dinastia” che ha governato la Siria dal 1971. Anche alcune ambasciate siriane, come quella in Turchia o in Arabia Saudita, hanno subito rimpiazzato la bandiera.

Al centro della nuova offensiva contro il governo ci sono i ribelli islamici del gruppo Hayat Tahrir al-Sham (HTS), che hanno le loro radici in al-Qaeda e un passato violento. Negli ultimi anni hanno cercato di rilanciarsi come forza nazionalista e si sono espressi con un tono diplomatico. Ma molti non sono convinti del loro cambiamento e hanno dubbi sui loro progetti futuri.

Con l’aiuto di Russia e Iran, Bashar al-Assad era riuscito finora ad andare avanti schiacciando le opposizioni. Ora che i suoi alleati sono impegnati su due diversi fronti di guerra, le sue truppe non sono riuscite a fermare i ribelli, che hanno prima preso Aleppo (la seconda città più grande del paese) e nel giro di una settimana prima Hama, qualche giorno dopo il centro nevralgico di Homs e dopo poche ore Damasco.

Il Ministero degli Esteri della Russia ha rilasciato una dichiarazione in cui si afferma che Assad “ha deciso di lasciare l’incarico presidenziale e ha lasciato il paese dando istruzioni di trasferire il potere pacificamente”.

Il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump su Truth ha commentato: “Assad se n’è andato. Il suo protettore, Russia, Russia, Russia, guidata da Vladimir Putin, non era più interessata a proteggerlo”.

Geir O. Pedersen, inviato speciale delle Nazioni Unite in Siria, ha affermato che oggi “si segna un momento spartiacque nella storia della Siria”. Il Paese ha sopportato quasi 14 anni di guerra civile, affrontando “sofferenze incessanti e perdite indicibili”, ha detto. Poi ha  aggiunto: “Questo capitolo oscuro ha lasciato cicatrici profonde, ma oggi guardiamo con cauta speranza all’apertura di uno nuovo, di pace, riconciliazione, dignità e inclusione per tutti i siriani”.

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