Dalla caduta del regime di Bashar al Assad, avvenuta pochi giorni fa, il mondo si interroga sul futuro della Siria, martoriata da 14 anni di guerra. Le prossime settimane saranno cruciali per comprendere quale destino riguarderà il Paese ed i siriani.
Il leader della coalizione che ha rovesciato il regime di Assad, Ahmed al-Shara, conosciuto con il nome di battaglia Abu Mohamed al-Jolani, adesso invita la comunità internazionale a non preoccuparsi della gestione della Siria – secondo quanto riportato dalla televisione siriana – attualmente controllata dall’opposizione guidata dall’ Hts, l’alleanza islamista Hayat Tahrir al-Sham.
Chi è Abu Muhammad al-Jolani
È originario dell’Arabia Saudita ed ha 42anni il jihadista a capo di Hayat Tahrir al-Sham.
Nato da una famiglia di combattenti a Riad, nel 1982. Da giovane si è trasferito a Damasco dove prima di radicalizzarsi ha studiato Medicina. Dopo la caduta di Saddam Hussein è arrivato in Iraq per unirsi ad al Qaeda. Ha imparato a combattere ed a comandare nel gruppo di al-Zarqawi. A quegli anni risalirebbe la sua “trasformazione” in al-Jolani. Dopo l’esperienza nel carcere iracheno di Camp Bucca, gestito dagli Usa, viene rilasciato con altri jihadisti e nel 2011, decide di rientrare in Siria approfittando delle proteste anti-Assad.
Sotto la guida di al-Qaeda crea il Fronte al-Nusra, gruppo che nel 2017 confluisce nell’attuale Hayat Tahrir al-Sham (in arabo Organizzazione per la liberazione del Levante).
Definito un “gruppo terroristico” da Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna e Unione Europea, Hts non è solo una sigla militare ma anche una struttura politica ed amministrativa, che pare conti tra i 15 ed i 20mila uomini, dietro di fatto al governo di salvezza siriano, l’ente che da anni domina la governance nel quadrante nord-occidentale siriano con “capitale” Idlib. Ad inizio dicembre si era diffusa la notizia della sua morte, durante un bombardamento russo. Pochi giorni dopo il leader faceva la sua apparizione in pubblico ad Aleppo, smentendo tutte le voci che lo avevano davano per morto.
Jolani ha incaricato Mohamed al-Bashir di gestire la fase di transizione del nuovo governo in Siria. Al-Bashir, il capo del governo di transizione, ha assicurato che il trasferimento dei poteri si starebbe svolgendo in modo fluido ed ordinato e che amministrerà il Paese fino alla stesura di una nuova Costituzione, almeno per i prossimi tre mesi. Mohammad al-Bashir ha anche invitato i milioni di profughi fuggiti dalla guerra a tornare nel Paese: “Proprio perché siamo islamici, garantiremo i diritti di tutte le persone e di tutte le sette in Siria”, ha affermato.
Il ruolo della Siria
Come attrice di primo piano nelle vicende che riguardano le sorti politiche del Libano, su cui ha sempre esercitato influenza anche grazie al supporto a Hezbollah, e come ultimo baluardo di resistenza contro le spinte rivoluzionarie che, dal 2011, hanno provocato la caduta dei regimi in Tunisia, Egitto, Libia, Yemen, ed hanno destabilizzato ulteriormente l’Iraq, la Siria svolge da alcuni decenni un ruolo di rilevanza strategica. Grazie alla fitta rete di alleanze costruita da Damasco negli anni con le decine di consiglieri militari iraniani presenti sul territorio siriano, migliaia di uomini di Hezbollah che combattevano con l’esercito siriano, e le campagne aeree di Mosca contro le postazioni dei ribelli, da qualche anno sembrava che il regime di Bashar al-Assad era riuscito oramai a vincere una guerra civile violentissima, che aveva provocato più di mezzo milione di vittime.
Per questi motivi la caduta dopo oltre un cinquantennio del regime della famiglia Assad, ha per tutto il Medio Oriente una importanza significativa soprattutto per la rapidità con la quale i miliziani islamisti guidati da Abu Mohammed al-Jolani hanno conquistato prima Aleppo, poi le città di Hama e Homs, fino a marciare sulla capitale Damasco. Di sicuro l’indebolimento di Hezbollah ad opera degli israeliani, l’attenzione esclusiva dell’Iran al conflitto con Israele e l’impegno della Russia nella guerra in Ucraina hanno rappresentato fattori determinanti per la fuga di Assad (che ha trovato esilio a Mosca).
La crisi siriana al G7
La situazione in Siria, il conflitto in Ucraina e la crisi in Medio Oriente sono stati i temi principali del vertice dei leader del G7 tenutosi venerdì e presieduto dalla premier italiana, Giorgia Meloni. Al termine dell’incontro, attraverso una nota della presidenza italiana, i leader hanno fatto sapere di “auspicare che la fine del regime di Assad segni l’avvio di una transizione pacifica e ordinata attraverso la definizione di un processo politico inclusivo”.
La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, dopo la riunione telefonica con i leader del G7 ha detto: “La transizione deve proteggere tutte le minoranze. E sono d’accordo con chi ha chiesto di creare i presupposti per un ritorno sicuro e dignitoso dei rifugiati. In 13 anni, attraverso le conferenze, abbiamo mobilitato 33,3 miliardi di euro per sostenere i siriani all’esterno ma anche all’interno della Siria. Il meccanismo delle conferenze potrebbe essere utilizzato in futuro per mobilitare risorse per la ricostruzione”.
La Commissione europea ha lanciato un nuovo ponte aereo umanitario per fornire assistenza d’emergenza in Siria. “Abbiamo aumentato i nostri finanziamenti per gli aiuti umanitari. Con la caduta del regime di Assad, c’è una nuova speranza per il popolo siriano. Ma la situazione resta volatile. Ecco perché dobbiamo impegnarci. I nostri voli umanitari porteranno cibo, medicine e beni di prima necessità”, ha evidenziato Ursula von der Lyen. Quest’ultima, proprio per discutere della crisi siriana, martedì si recherà ad Ankara, in Turchia, dove incontrerà il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, secondo quanto annunciato dal portavoce della Commissione europea, Stefan de Keersmaecker.
Una delegazione del Qatar dovrebbe visitare la Siria domenica e avere incontri con i funzionari del governo di transizione, secondo quanto dichiarato da un diplomatico del Qatar alla France Presse. Mentre viene annunciata la riapertura dell’ambasciata della Turchia a Damasco dal 2012, la Cnn fa sapere che la Russia avrebbe avviato i preparativi per ritirare le truppe dalla Siria. Secondo le immagini satellitari raccolte da Maxar venerdì mattina, la Russia sembra stia caricando e preparando gli aerei in partenza dalle sue basi militari in Siria.
Quale Siria post Assad
Come sarà la Siria dopo il rovesciamento del regime Assad non è ancora possibile stabilirlo.
Sono troppi gli interrogativi. Intanto, l’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) delle Nazioni Unite ha fatto sapere che oltre un milione di persone, soprattutto donne e bambini, risulterebbero sfollate in Siria dall’ offensiva che ha condotto alla caduta del Presidente Bashar al-Assad: “Al 12 dicembre, 1,1 milioni di persone sono sfollate nel Paese dall’inizio delle ostilità il 27 novembre. La maggior parte sono donne e bambini”, si legge in un comunicato ufficiale.
L’attuale situazione è ancora imprevedibile. Innanzitutto sarebbe da capire quali territori controllerà e che tipo di potere eserciterà il governo di transizione e se la Siria resterà un Paese unito o frammentato e quindi diviso tra curdi, arabi ed attori esterni. Si tratta di un rischio reale come la possibilità di assistere a nuovi scontri che potrebbero coinvolgere proprio i curdi, fino a questo momento non interessati allo scontro diretto con gli uomini di al-Jolani.