Dopo il maldestro ed infruttuoso tentativo di imporre la legge marziale lo scorso 3 dicembre in Corea del Sud, il 14 dicembre è iniziato nei confronti di Yoon Suk Seol il processo per impeachment e parallelamente è stata avviata una indagine penale con le accuse nei suoi confronti di insurrezione ed abuso di potere. L’ex Capo di Stato ha sempre difeso il suo gesto come un tentativo per proteggere la democrazia del Paese dalle opposizioni colpevoli, a suo dire, di aver paralizzato i lavori del parlamento e bloccato l’approvazione di varie leggi, tra cui quella di bilancio.
Da allora in isolamento nella sua residenza, Yoon ha rifiutato qualsiasi collaborazione alle indagini e per tre volte ha ignorato gli inviti della Procura per esaminare la sua posizione. Scattato il mandato di arresto, ad oggi non è stato ancora possibile prendere in custodia Yoon. Secondo la Yonhap, gli avvocati di Yoon riterrebbero il mandato “non valido” ed “illegale” e sarebbero seriamente intenzionati a contestarlo. Intanto Yoon, “protetto” da numerosi sostenitori che da giorni protestano contro l’arresto davanti alla sua residenza, riesce ad evitare l’Ufficio anticorruzione che ha tempo fino a lunedì 6 gennaio per eseguire il mandato.
È stato proprio l’Ufficio anticorruzione a comunicare questa mattina alla stampa di aver avviato la procedura per eseguirlo, ma il capo del servizio di sicurezza presidenziale ha negato l’ingresso agli agenti, citando divieti in vigore nelle zone sotto protezione. “I pubblici ministeri e gli investigatori si trovano in una situazione di stallo con il servizio di sicurezza presidenziale davanti alla residenza, dopo aver oltrepassato la prima e la seconda barriera”, scrive l’agenzia sudcoreana Yonhap.
Nella tesissima atmosfera delle strade attorno al complesso residenziale di Yoon, con la polizia che presidiava le arterie confinanti e migliaia di persone con cartelli e bandiere che si radunavano per sostenere il leader deposto, era apparso evidente che portare ad esecuzione il mandato d’arresto non sarebbe stata una passeggiata. Soltanto due giorni fa Yoon aveva giurato in una lettera scritta a coloro che si sono radunati fuori alla sua residenza che avrebbe “combattuto fino alla fine” per il suo Paese.
Le forze di polizia hanno raggiunto la residenza del capo dello Stato sottoposto ad impeachment, ma non sono riuscite ad accedere bloccate dal servizio di sicurezza presidenziale. Per quasi 6 ore, 80 poliziotti ed investigatori, dopo essere entrati nel complesso presidenziale di Seul, avvicinatisi ad un paio di centinaia di metri dalla residenza di Yoon, hanno provato ad avanzare ma sono stati costretti ad abbandonare l’impresa al cospetto di un vero e proprio “muro umano” di circa 200 soldati e membri della sicurezza presidenziale, che hanno letteralmente sfidato gli agenti.
“Per quanto riguarda l’esecuzione del mandato d’arresto oggi, è stato stabilito che era materialmente impossibile, a causa della continua situazione di stallo. Le preoccupazioni per la sicurezza del personale sul posto hanno portato alla decisione di fermare l’esecuzione”, ha dichiarato l’Ufficio investigativo sulla corruzione (Cio) in un comunicato annunciando, quindi, la sospensione del mandato di arresto.
Non è possibile prevedere se ci sarà un nuovo tentativo di arresto nel weekend, la polizia ha fatto sapere che eseguire l’arresto di sabato o di domenica potrà risultare ancora più complicato, in considerazione della presenza degli innumerevoli sostenitori dell’ex presidente che potrebbero continuare a raggiungere il luogo. Intanto, la procedura di impeachment va avanti: dopo il voto del parlamento non sono ancora trascorsi i sei mesi entro i quali la Corte Costituzionale può confermare o respingere l’impeachment.
Se l’Ufficio anticorruzione entro lunedì riuscirà a prendere in custodia Yoon, questi potrà essere trattenuto fino a 48 ore per essere interrogato. Qualora il Cio intenderà trattenerlo per ulteriori approfondimenti, sarà necessario un nuovo mandato. Nel caso in cui Yoon venisse incriminato e ritenuto colpevole di insurrezione e tradimento rischierebbe l’ergastolo o la pena di morte.