Nessun corridoio davvero sicuro per i profughi, nonostante le rassicurazioni dell’esercito israeliano di non bombardare determinate zone della Striscia. Bambini costretti a lunghe file soltanto per avere a disposizione acqua e cibo, mettendo a repentaglio la loro stessa vita, proprio come gli adulti che cercano di proteggerli dai feroci attacchi a suon di missili e bombe. Nella Striscia di Gaza, ad oltre un anno dall’inizio dell’operazione dell’esercito di Tel Aviv, dopo l’incursione di Hamas dei Kibbutz nel sud d’Israele il 7 ottobre del 2023, la devastazione prosegue senza soluzione di continuità.
Ne sa qualcosa Jamil Almajdalawi, 36enne di Gaza, volontario per la distribuzione di aiuti della popolazione palestinese, di recente in Italia per suggellare il gemellaggio tra le squadre di calcio popolare Spartak San Gennaro, nata a Napoli per dare la pos Jamil Almajdalawi, 36enne di Gaza, volontario per la distribuzione di aiuti della popolazione palestinese, di recente in Italia per suggellare il gemellaggio tra le squadre di calcio popolare Spartak San Gennaro, nata a Napoli sibilità ai ragazzi di fare sport in modo gratuito, e l’Al Haddaf Team, di cui è punto di riferimento.
“Israele – le sue parole – ha dichiarato diversi corridoi sicuri per la popolazione costretta a scappare dalle zone più calde del conflitto, ma poi li ha bombardati. Anche per noi che abbiamo distribuito aiuti è stata dura, abbiamo rischiato molte volte”, denuncia Jamil, che ricorda di aver “assistito al bombardamento di una macchina e minibus con civili a bordo bersagliati dall’esercito israeliano e uccisi, sebbene fosse stata dichiarata zona sicura perché da utilizzare come corridoio umanitario”. Non solo: “Sono state colpite anche delle persone che avevano trovato riparo nelle tendopoli. È impossibile non assistere o non sapere quanto accade ancora oggi nella Striscia di Gaza: ne sono ben consci grandi e piccoli’’.
Proprio la morte di decine di migliaia di bambini (nel computo le vittime di Gaza hanno quasi raggiunto le 46.000 unità), è l’ulteriore tragedia di questo massacro in Palestina. Anche il Comitato speciale dell’Onu in un rapporto presentato nel 2024 ha dichiarato come i metodi utilizzati dall’esercito israeliano “corrispondono alle caratteristiche di un genocidio”, per le “massicce vittime civili e le condizioni imposte ai palestinesi”. Jamil Almajdalawi ribadisce: “Lì non c’è nessuno che non veda tragedie di tutti. La mia famiglia era composta di 78 persone, di queste 38 sono già stati uccisi. Gli altri si trovano ancora a Jabalia e sono in pericolo”.
Jamil è giunto a Napoli con non poche difficoltà, attraversando un viaggio che per motivi di sicurezza resta top secret. La sua attività di responsabile della squadra sportiva dell’Al Haddaf Team lo aiuta a sperare in un futuro di pace, che ora sembra non stagliarsi all’orizzonte. “Giocare a calcio – spiega – è un modo per far sentire i nostri bambini ancora bambini, è uno strumento per provare a fargli vivere ancora la loro infanzia, che oggi gli è negata. Purtroppo i bambini palestinesi sono costretti, dalla realtà in cui vivono, a diventare troppo presto adulti, a fare cose da grandi come fare la fila per il pane, a dare una mano ai genitori o, quando i genitori non ci sono più, a occuparsi dei fratelli più piccoli. Spesso qualcuno rimane senza niente. Io sono nato nel 1988 ed è la prima volta che esco dai confini e mi sono accorto di come altrove si viva tranquillamente. Spero che anche alla Striscia si possa fare’’, conclude Jamil, che ricorda anche come “tante persone’’ siano morte a Gaza “per tumore, diabete o altre malattie a causa dell’embargo israeliano e non solo per i bombardamenti o le operazioni militari’’.
In un video messaggio inviato alla squadra gemellata dello Spartak San Gennaro, con non poche difficoltà (grazie soltanto ad alcune sim), l’allenatore e i calciatori dell’Al Haddaf hanno raccontato della necessità di fuggire da Beit Lahia, nel Nord di Gaza, e di giungere al campo profughi di Der al Balah per continuare i propri allenamenti. “La maggior parte dei giocatori ha perso parte delle loro famiglie, amici e parenti e hanno perso le loro case”, dichiara Fadi, l’allenatore dell’Accademy, che conta 100 giocatori di età compresa tra i 6 e i 17 anni.