La Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia per aver messo a rischio la vita degli abitanti della Terra dei Fuochi, quel lembo di terra compreso tra l’area Nord di Napoli e il sud del casertano, in cui vivono quasi 3 milioni di persone, infestata da rifiuti abbandonati e dai loro roghi che hanno mietuto migliaia di vittime con gravi forme tumorali. I giudici della Corte Europea sono stati perentori nella sentenza, arrivata ieri 30 gennaio ad oltre 10 anni dal ricorso (era il novembre 2014), presentato da 41 cittadini e 5 associazioni: l’Italia non ha fatto “tutto ciò che poteva essere richiesto per proteggere la vita” degli abitanti ammalatisi, e in molti casi deceduti, per l’inquinamento.

Lo Stato italiano, si legge nella sentenza, non ha affrontato l’emergenza con “la diligenza e la tempestività necessarie, nonostante fosse a conoscenza del problema da molti anni’’. Oltre a condannarlo, la Cedu ha chiesto al nostro Paese di mettere a punto “misure generali in grado di affrontare in modo adeguato il fenomeno dell’inquinamento”. Per farlo, avrà due anni di tempo.

Marzia, mamma che ha sottoscritto il ricorso

Tra i firmatari del ricorso del 2014 c’è anche Marzia Caccioppoli, madre di Antonio, morto a soli 9 anni nel 2013 dopo essersi ammalato di rabrabdomiosarcoma nucleare. Il tumore portò via l’unico figlio della donna dopo un anno di ricovero all’ospedale Gaslini di Genova. Marzia, residente a Casalnuovo di Napoli, comune che lo Studio Sentieri del 2015 ha definito come quello al più alto tasso di mortalità infantile della Campania, a Tell dice: “Con la sentenza della Corte di Strasburgo si è segnato un punto nella storia. Questa però non è una vittoria, visto che le bonifiche dei territori inquinati non sono sufficienti, come quella della Resit (la discarica di Giugliano, altro comune pienamente compreso nella Terra dei Fuochi, ndr.), e che la sanità in questa regione fa acqua da tutte le parti, al contrario di quanto dice il governatore campano Vincenzo De Luca. Dal presidente della Regione, tra l’altro, non ha mai sentito pronunciare la parola Terra dei Fuochi”.

Caccioppoli, che ha fondato e porta avanti le attività dell’organizzazione di volontariato “Noi Genitori di Tutti’’, nata con lo scopo di tutelare i bambini oncologici sostenendo le loro famiglie, rivela quale sia stata la sua reazione dopo aver appreso della sentenza della Cedu: “Si è trattato per me di un giorno della memoria, con sentimenti contrastanti che quasi mi sollevavano dall’asfalto mentre camminavo. Ho pensato ovviamente a mio figlio Antonio, l’unico figlio che avevo. Spero che il suo sacrificio possa servire a prevenire altre morti bianche di bambini’’.

Inoltre, aggiunge, “mi sono ritornati in mente le trasmissioni tv con il boss del clan dei Casalesi Carmine Schiavone e il giornalista Sandro Ruotolo, la condanna a 18 anni per associazione mafiosa di Cipriano Chianese, l’avvocato dello stesso in clan che in pratica la Terra dei Fuochi l’ha inventata, capendo che interrare rifiuti pericolosi potesse essere più redditizio del business della droga’’. Tanti i ricordi affiorati in questi anni di battaglia sui territori, in Marzia. “Abbiamo mostrato ai politici e al parlamento di Bruxelles le foto dei nostri bambini malati e ricordato i patti scellerati tra imprenditoria e politica”.

Una battaglia fatta di offese e calunnie

Non tutti, in questi anni, hanno capito la portata della tragedia ambientale connessa alla Terra dei Fuochi. Marzia Caccioppoli, in tal senso, sottolinea: “Sono stata chiamata pazza e visionaria. Al dire il vero, non solo io. Un giornalista – ricorda – addirittura mi offese dicendo che io era pazza come il mio avo famoso (Renato Caccioppoli, ndr.) pur di sminuire la realtà”. Non solo. “Una biologa americana affermò che ero andata in tv con un pantalone di pelle, denigrandomi’’.

Ma il dolore più grande, ovviamente, riguarda la sofferenza e la morte del piccolo Antonio. Anche qui Marzia non le manda a dire: “Abbiamo trovato incompetenza tra i medici. All’Ospedale Santobono di Napoli mi dissero che mio figlio era affetto da una malattia demielinizzante (gruppo di patologie che alterano la mielina) che poteva sfociare in una leucemia. Insistevano sul fatto che loro erano esperti in quanto medici. Ma quando finì l’effetto del cortisone e dei medicinali, Antonio vomitò di mattina. Era un cattivo segno”.

Solo allora Marzia si è avvicinata alla cruda verità. “Un medico a cui mi rivolsi, ascoltando cosa era successo e leggendo la precedente diagnosi, intuì qualcosa, consigliandomi di andare al Gaslini di Genova. Lì il mio piccolo, al contrario di quanto succedeva in Campania, era seguito da una equipe di medici che basava il proprio lavoro sul confronto”. Le cure purtroppo non sono bastate e Antonio se ne è andato nel 2013, un’altra delle vittime di una lunga lista”. Marzia Caccioppoli spende poi qualche parola a sostegno di don Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano che proprio il governatore Vincenzo De Luca definì in un’occasione il “Pippo Baudo dell’area a Nord di Napoli’’. “Anche lui, come noi e gli altri, ha subìto attacchi e denigrazioni quando si parlava della Terra dei Fuochi”.

“Quante calunnie abbiamo dovuto subire; quante minacce; quante derisioni; quante offese; quante illazioni – le parole di don Patriciello, evidentemente pronto a togliersi qualche sassolino dalle scarpe – I negazionisti, ignavi, collusi, corrotti, ci infangavano. Siamo andati avanti. Convinti. Vedevamo con i nostri occhi lo scempio delle nostre terre e delle nostre vite. Grazie a tutti i volontari, ai medici per l’ambiente. Grazie alle chiese campane con i loro vescovi e i loro preti”. Don Patricello rivolge un pensiero “ai tanti, tanti bambini, ragazzi, giovani genitori che il cancro ha dilaniato e ucciso’’ e a tutti coloro che hanno “lottato, sofferto, ingoiato lacrime e amarezze”.

Anche da Legambiente, che coniò il termine “Terra dei Fuochi” nel 2003, arriva la richiesta che in quei territori venga subito attuata la sentenza. Deve essere fatta davvero ecogiustizia a partire da un’efficace bonifica e con la chiusura del ciclo dei rifiuti”.

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