Dal 20 gennaio, giorno dell’insediamento del 47esimo Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, i nuovi provvedimenti americani in tema di dazi fanno tremare le economie mondiali. A due settimane da allora, quella che è stata ribattezzata come la “guerra dei dazi Usa” con i suoi tre principali partner commerciali è entrata pienamente nel vivo. Ma mentre a Canada e Messico è stato accordato il rinvio di un mese – periodo durante il quale Trump potrebbe provare a negoziare accordi economici con entrambi – in Cina i dazi sono già realtà.
A seguito dei colloqui tenuti con la presidente messicana Claudia Sheinbaum ed il primo ministro canadese, Justin Trudeau, Trump ha stabilito di posticiparne di un mese l’applicazione avendo ricevuto concessioni in materia di operazioni di sicurezza sui confini di questi Paesi con gli Stati Uniti.
Da Canada e Messico sono stati garantiti a Trump un maggiore presidio di polizia e di forze di sicurezza per il contrasto al narcotraffico. In Messico, dalle prime ore di ieri, 4 febbraio, militari della Guardia Nazionale sono stati inviati da almeno nove stati del Paese verso il confine settentrionale con l’obiettivo di contenere il passaggio di migranti e droga verso la nazione vicina. Fonti ufficiali hanno riferito che 10mila membri delle forze federali sono stati dispiegati in 18 municipalità nei sei stati del nord. Nella Bassa California sono stati inviati 3.010 militari, a Sonora 1.987, a Chihuahua 2.620, a Coahuila 1.017, a Nuevo León 623 e a Tamaulipas 743. La Presidente Sheinbaum ha rassicurato la popolazione sul fatto che lo spiegamento non lascia insicuro il resto del Paese: “sappiate che non stiamo lasciando scoperti gli altri stati della Repubblica, ma si tratta piuttosto di un riorientamento delle forze”, ha comunicato.
I dazi alla Cina
Nella ideale scacchiera dove Usa e Cina si sfidano sul tema delle imposte si susseguono le mosse a sorpresa che fanno alzare i toni della discussione.
Usps, il servizio postale degli Stati Uniti ha reso noto che non accetterà pacchi dalla Cina e da Hong Kong. Dopo questo annuncio, le azioni delle società di e-commerce cinesi sono crollate.
La decisione è legata al decreto esecutivo di Trump sui dazi americani al 10% sul made in China che ha eliminato la “scappatoia” che garantiva l’esenzione doganale agli esportatori che inviavano pacchi di valore inferiore agli 800 dollari negli Stati Uniti. Una “soppressione irragionevole”, secondo la Cina. Gli Usa “devono smetterla con iniziative che colpiscono il commercio”, ha riferito il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian, che ha annunciato che Pechino “adotterà tutte le misure necessarie per salvaguardare diritti e interessi legittimi delle sue aziende”. Lin ha criticato le tariffe americane al 10% entrate in vigore su tutto l’export made in China verso gli Usa, Washington “deve correggere i fatti sbagliati”, ha dichiarato il portavoce.
“Abbiamo bisogno non di dazi unilaterali aggiuntivi, ma di dialogo e consultazione”, così il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lin Jian, in risposta alle dichiarazioni del presidente Usa che ha detto di “non avere fretta” nell’avere un colloquio con l’omologo Xi Jinping.
A poche ore dall’entrata in vigore dei dazi, ieri la Cina è passata al contrattacco: introdurrà a partire dal prossimo 10 febbraio dazi del 15 per cento sulle importazioni dagli Stati Uniti di carbone e gas naturale liquefatto (GNL) e del 10 per cento sul petrolio ed i macchinari agricoli. Nella contromossa di Pechino anche l’annuncio dell’avvio di un’indagine antitrust su Google circa presunte violazioni delle leggi antitrust da parte del colosso di Mountain View. L’antitrust cinese starebbe inoltre valutando anche un’ altra indagine: Apple sarebbe nel mirino dell’Autorità per le commissioni addebitate agli sviluppatori di app, secondo quanto riporta Bloomberg. In più, il contrattacco mandarino riguarderebbe anche le aziende americane Pvh – che controlla i brand Calvin Klein e Tommy Hilfiger – ed Illumina: sono entrambe finite nella lista delle cosiddette “entità inaffidabili”. Pvh è sotto inchiesta da settembre 2024 per “boicottaggio irragionevole” del cotone proveniente dallo Xinjiang con Pechino accusata di violazioni dei diritti umani. Illumina, gruppo biotecnologico con uffici in Cina, è produttrice di reagenti per test che si fanno a Shanghai.
C’è grande attesa, dunque, per il colloquio telefonico che Trump e Xi-Jinping avrebbero già dovuto tenere ieri, 4 febbraio, secondo quanto aveva fatto sapere il consigliere per il Commercio Usa, Peter Navarro, a Politico.
Non è ancora stato reso noto a quando è stato rinviato, la certezza è che, quando avrà luogo, sarà necessariamente incentrato sulle imposte. La speranza di Pechino è che possa aprirsi una negoziazione – come già avvenuto con Canada e Messico – nella quale non si esclude che i colossi statunitensi Google, Pvh ed Illumina potrebbero avere un ruolo esercitando pressioni su Washington. Per adesso, il silenzio tra le due potenze resta alquanto preoccupante.
La preoccupazione in Europa
In Europa, intanto, cresce l’apprensione per questo nuovo corso avviato da Donald Trump. L’annuncio di domenica del 47esimo presidente che ha prospettato la possibilità di dazi anche verso i 27 paesi dell’Unione Europea preoccupa l’UE: Ursula von der Leyen ha fatto sapere che la Commissione negozierà con gli Usa tutelando i suoi interessi.
Della questione ha parlato anche Antonio Tajani, ministro degli Esteri italiano, nel corso dell’audizione alle commissioni Affari esteri di Camera e Senato sugli esiti del Consiglio affari esteri dell’UE dello scorso 27 gennaio: “L’economia europea e quella americana sono profondamente legate. Sono pertanto fiducioso che riusciremo a trovare dei punti di intesa anche sul piano commerciale, nel quadro del nostro rapporto solido con Washington”, ha detto, aggiungendo: “Le guerre commerciali non convengono a nessuno. Occorre dialogare e l’Italia è il migliore ambasciatore dell’Unione Europea. Mi sembra che il presidente Trump stia dando i primi segnali di volontà di negoziare. Noi ci faremo trovare pronti. Stiamo elaborando una strategia per aumentare il raggio d’azione del nostro export e raggiungere sempre più nuovi mercati, come già avvenuto nel 2024”, ha sottolineato il Ministro Tajani.