Il mancato pagamento di una cedola da 33 milioni di dollari su un’obbligazione da 1 miliardo di dollari emessa nel 2014 e in scadenza a dicembre del 2024, ha portato l’Etiopia, il secondo paese più popoloso dell’Africa, in default.
Il pagamento si sarebbe dovuto effettuare entro l’11 dicembre, poi è subentrato il “periodo di grazia” di 14 giorni che non ha contribuito a salvare lo stesso le condizioni del Paese, dato che non si è riusciti a saldare la somma entro martedì 27 dicembre.
Secondo quando riportato da Reuters, l’Etiopia aveva già annunciato all’inizio di dicembre la decisione di andare formalmente in default, dopo aver affrontato una crisi economica provocata dalla pandemia e dalla guerra civile iniziata il 3 novembre del 2020.

Hailemelekot Berhan, analista dei mercati dei capitali ad Addis Abeba, ha dichiarato ad African Business che l’Etiopia non è un Paese in difficoltà per il debito. E l’imminente default è probabilmente il risultato di un’interruzione della comunicazione con gli obbligazionisti privati. “Sembra che l’Etiopia abbia concluso accordi di ristrutturazione con i membri del Club di Parigi e la Cina, ma gli obbligazionisti privati e gli investitori internazionali non hanno concordato gli stessi termini – afferma Berhan – Questa situazione potrebbe essersi verificata a causa di una comunicazione insufficiente o inefficace con questi obbligazionisti. I funzionari governativi che lavorano in quest’area potrebbero non avere la conoscenza o l’esperienza adeguata per affrontare queste cose”.

All’inizio di quest’anno la Cina ha permesso al Paese dell’Africa orientale di sospendere il rimborso del debito sulle obbligazioni in scadenza nell’anno fiscale 2023-24. L’Etiopia ha anche livelli di debito estero relativamente bassi rispetto ad altri Paesi in default, ma ad analizzare meglio la situazione è stato Philip Pilkington, professionista degli investimenti e analista di ricerca senior presso la GMO di Londra, dichiarando che questo default potrebbe essere il risultato dei “coerenti deficit delle partite correnti” dell’Etiopia e dell’elevata esposizione ai mercati del debito internazionali.

“Ho notato che l’Etiopia ha un rapporto debito estero più basso rispetto al passato, ma detto questo, il Paese ha registrato consistenti deficit delle partite correnti dalla metà degli anni ’90 e negli ultimi anni questi sono diventati ampi e consistenti”, afferma Pilkington. “Sembra che il Paese – dice – stia finanziando la propria crescita attraverso l’emissione di titoli denominati nelle valute di altri Paesi. Suppongo che attualmente stiano riscontrando problemi a causa dell’aumento dei tassi di interesse su questo debito mentre le banche centrali aumentano i tassi per contrastare l’inflazione. Questo è un problema che vediamo spesso nelle economie in via di sviluppo”.

Non a caso, nel 2022 il rapporto tra debito e PIL era salito appena al 32%, ma gran parte del debito era stato contratto in valuta estera, dunque, il debito estero era elevato e le riserve valutarie bassissime a causa di una bilancia dei pagamenti in forte deficit. Ma già dal 2021 l’Etiopia sta cercando di rinegoziare i suoi obblighi attraverso il Common Framework for Debt Treatment, strumento introdotto dal G20 (la riunione dei ministri delle Finanze dei paesi più industrializzati), per permettere ai Paesi a basso reddito di rendere il proprio debito più sostenibile concordando una serie di riforme a lungo termine.

Pilkington crede, inoltre, che il default potrebbe avere ripercussioni geopolitiche ed economiche per l’Etiopia. “Quando l’Etiopia si è unita ai BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), era già chiaro che stava avendo difficoltà finanziarie”, dichiara. “Quello che possiamo dire è che subito dopo l’adesione dell’Etiopia ai BRICS in agosto, la Cina ha sospeso i pagamenti del suo debito e l’Etiopia sta ora utilizzando l’accordo cinese come modello per i negoziati con altri creditori. Ciò evidenzia che, come minimo, la nuova formazione dei BRICS sta introducendo la ‘competizione’ nelle relazioni geoeconomiche. Questo è uno sviluppo importante”.

Insomma, per i Paesi africani l’argomento è molto delicato poiché i costi di indebitamento sono superiori di 8 volte rispetto alle economie europee, e di 4 volte rispetto agli Stati Uniti mentre la Cina è tra i maggiori finanziatori. In particolare in Africa questa partecipazione dei creditori è cresciuta dal 30% nel 2010 al 44% nel 2021 e per pagare gli interessi accumulati sul debito, i governi tagliano su investimenti essenziali (istruzione e sanità) che espongono i paesi ad ulteriori ed infiniti debiti. E pensare che secondo un rapporto diffuso a maggio dalla Banca Africana di Sviluppo (AfDB), i Paesi che stavano reagendo positivamente erano Kenya, Rwanda, Seychelles, Tanzania, Uganda, e tra loro c’era anche l’Etiopia. Adesso, invece, l’Etiopia è il secondo stato africano più popoloso dopo la Nigeria e il terzo ad essere andato in default nel continente, dopo Zambia e Ghana.

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