Leonard Peltier, dopo quasi cinquant’anni di carcere, torna a casa. In uno degli ultimi atti da presidente degli Stati Uniti, prima di passare il testimone a Donald Trump, il democratico Joe Biden ha commutato la sentenza di condanna definitiva all’ergastolo dello storico membro dell’American Indian Movement (Aim) in arresti domiciliari. Peltier, oggi ottantenne, potrà così passare a casa gli ultimi anni della sua vita dopo essere entrato in carcere nel 1977. La notizia ha trovato la soddisfazione degli attivisti che da sempre si sono battuti per la liberazione di Leonard, definendo ingiusta la sua condanna.
“Il presidente Biden – le parole di Paul O’Brien, direttore generale di Amnesty International Usa – ha fatto bene a prendere questo provvedimento, date le gravi preoccupazioni sull’equità del processo. È un provvedimento che Amnesty International sollecitava da anni’’. Ad esprimere gioia anche diversi artisti da sempre, idealmente, al fianco di Leonard Peltier. Tra questi: il gruppo americano Rage Against The Machine, che sul proprio profilo instagram postando la canzone “Freedom’’ (contenuta nel primo album omonimo della band del 1992) ha scritto: “La rabbia è un dono. Leonard Peltier sarà liberato’’, l’ex leader dei Pink Floyd Roger Waters (“Una cosa buona il 20 gennaio 2025. Nell’ultimo giorno terribile di Biden e il primo giorno terribile di Trump, Leonard Peltier è libero’’ ha scritto il bassista sui suoi social) e il chitarrista della E Street Band, famosa perché da decenni supporto di Bruce Springsteen, Stevie Van Zandt che ha scritto su X: “È un buon giorno per una bella notizia’’ commentando così il ritorno a casa di Peltier.
Il caso
A metà degli anni diversi attivisti dell’American Indian Movement avevano raggiunto la riserva indiana di Pine Ridge, nel Nord Dakota, a sostegno degli Oglala Lakota, tribù di nativi americani che si sentiva minacciata dalle autorità americane per le battaglie politiche portate avanti in un periodo fortemente turbolento. Il 26 giugno del 1975 due agenti dell’Fbi, Jack Coler e Ronald Williams raggiunsero Jumping Bull Ranch con l’intento di arrestare con l’accusa di furto un giovane sioux, Jimmy Eagle. Subito dopo l’irruzione ne nacque una sparatoria. A perdere la vita non furono solo Coler e Williams ma anche un attivista dell’Aim, Joe Stuntz.
Le testimonianze di quel giorno non furono mai univoche e, si scoprirà, poi, non è mai stato provato chi davvero sparò ai due agenti dell’Fbi. Leonard Peltier, anch’egli presente il 26 giugno 1975 a Pine Ridge, venne accusato del duplice omicidio insieme ad altri due appartenenti all’American Indian Movement ossia Darrell Dean Butler e Robert Robideau. Questi ultimi due furono poi assolti al processo grazie alla tesi della legittima difesa dimostrata dai suoi avvocati. Diverso il destino di Peltier. Fuggito in Canada, venne arrestato dalla Royal Canadian Mounted Police ed estradato negli Stati Uniti finendo dietro le sbarre nel febbraio 1976.
La condanna a due ergastoli per omicidio arrivò nell’aprile del 1977 secondo una sentenza di colpevolezza emessa dai giudici del tribunale di Fargo, nel Nord Dakota. Attivisti per la protezione dei diritti umani e dei nativi sollevarono diverse incongruenze durante lo svolgimento delle udienze che portarono alla condanna. Tra i dubbi sollevati: una giuria formata da soli bianchi in una città fortemente conservatrice, alcuni cambi di versione nella descrizione dei fatti da parte degli agenti dell’Fbi presenti in quel momento e le risultanze delle perizie balistiche che, 5 anni dopo, avrebbero dimostrato come i proiettili che colpirono Williams e Coler non fossero in realtà partiti dall’arma di Peltier. Nonostante ciò, la condanna non ha mai subìto variazioni, né gli avvocati sono mai riusciti a chiedere la revisione del processo. Peltier, oramai ottantenne e con diversi acciacchi fisici, rischia seriamente di terminare in carcere la sua vita.