“Anche se il sangue non si scioglie, non significa chissà che cosa”, ha esordito il cardinale Crescenzio Sepe dall’altare maggiore pochi minuti prima che iniziasse l’ultima messa in programma ieri al duomo di Napoli, nella giornata in cui era atteso il “miracolo laico” di San Gennaro.
Il 16 dicembre è una delle tre date dell’anno in cui si attende il prodigio della liquefazione del sangue del Santo patrono di Napoli, quella in memoria dello scampato pericolo della città dalla disastrosa eruzione del Vesuvio del 1631. Ma ieri il sangue non si è sciolto.
Davanti ai fedeli rimasti in preghiera per ore e con il sangue ancora solido nell’ampolla, Sepe ha detto: “È tutto scritto nel cuore di Dio, nel cuore di Gennaro. L’importante è che noi ci sentiamo veramente uniti, partecipi di questo evento così particolare che è la nostra devozione al nostro Santo protettore”.
Parole che provano a tranquillizzare i fedeli e i devoti a San Gennaro, che alla mancata liquefazione del sangue associano eventi nefasti. Risale al 2016 l’ultima volta che non si è verificato il prodigio. E dal 1389, anno in cui si ritiene che sia avvenuto il primo “miracolo”, ciò è accaduto solo in corrispondenza di guerre e epidemie: nel 1939 e nel 1940, quando iniziò la seconda guerra mondiale e l’Italia entrò in guerra, con l’occupazione nazista Di Napoli nel settembre del 1943, con la diffusione del colera nel settembre del 1973, e con il terremoto del 1980.
Leggi anche il reportage sulla devozione degli immigrati a San Gennaro: https://www.tellonline.it/2020/09/20/tra-fede-e-integrazione-la-devozione-degli-immigrati-a-san-gennaro/
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