Non è di poco tempo la notizia di sciagure legate alla realtà imprenditoriale italiana e dei singoli che sono stati risucchiati dal vortice dell’indebitamento e non sono riusciti a gestire l’insorgere di processi penali a loro carico con ovvie conseguenze sulla loro fedina penale.
Infatti, pur di risolvere problemi legati all’indebitamento, si cerca di ricorrere a svariati escamotage, per esempio l’emissione di dichiarazione fraudolenta infedele, oppure si evita di emettere la dichiarazione dei redditi entro il termine consentito, mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, o magari si emettono documenti contabili falsi.
Tali espedienti vengono adottati al fine di ridurre il carico di imposte, ma inevitabilmente sono elementi che una volta giunti all’occhio attento della Procura, assumono la connotazione di reato, con la consequenziale insorgenza del processo a carico del soggetto che ha commesso l’illecito.
Esiste un modo per tutelarsi?
Per fornire una risposta concreta ed esaustiva, occorre rilevare che il DPR 74/2000 è stato modificato di recente con la L. 157/19 che ha previsto l’inasprimento degli aspetti punitivi, nell’intento di mostrare, nuovamente, i muscoli nella repressione del fenomeno dell’evasione fiscale.
Se tale inasprimento sanzionatorio ha la funzione di intimorire il contribuente, tuttavia la legge in questione introduce una causa di non punibilità del pagamento del debito tributario di cui all’art. 13, comma 2, originariamente prevista per i soli reati di omessa o infedele dichiarazione di cui agli artt. 4 e 5, e adesso estesa anche ai reati di cui agli artt. 2, 3 e 6, nonché il ravvedimento operoso nel quadro della circostanza attenuante, soluzione ancor più sorprendente ove si consideri che esso riappare all’interno del comma 2 dell’art. 13 bis, quale viatico per accedere all’ applicazione della pena su richiesta.
In sostanza, l’inasprimento sanzionatorio è bilanciato da meccanismi premiali che inducono il contribuente a prevenire o comunque a gestire nel modo più clemente possibile il processo penale. Infatti, è auspicabile per il contribuente che abbia commesso un reato tributario di attivarsi per un ravvedimento operoso nei confronti dell’ente creditore.
Quali gli effetti positivi di tale atteggiamento collaborativo?
Qualora riuscisse ad accedere ad un piano di rientro prima di qualsiasi forma di accertamento, il contribuente avrebbe la possibilità, in taluni casi, di evitare il processo penale insorto nei propri riguardi. Mentre se accedesse al piano di rientro dopo l’accertamento amministrativo, ma prima dell’insorgenza del processo penale, o comunque prima che venga celebrata la fase del dibattimento nel processo penale insorto, avrebbe la possibilità di beneficiare di una particolare attenuante speciale che consente anche l’accesso al rito alternativo del patteggiamento, con inevitabile attenuazione della pena prevista.
Se il soggetto volesse affrontare il processo penale senza assumere un atteggiamento collaborativo, quali conseguenza vi potrebbero essere?
Il giudicante, con il proprio giudizio di discrezionalità, potrebbe valutare negativamente il contribuente e negare, qualora vi rientrasse, la sospensione condizionale della pena oltre alla previsione di gravose misure cautelari reali finalizzate alla confisca sul proprio patrimonio.
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