Impiegati in combattimenti, abbandonati e maltrattati, usati per fare profitti in attività illecite. Dall’ultimo rapporto sulle zoomafie della Lav emerge una diminuzione del 3% dei reati contro gli animali nel 2020. I dati esaminati sono quelli forniti da 116 Procure ordinarie e minorili (un campione pari a circa il 70% di tutte Procure), ma per l’associazione animalista risentono dell’effetto del lockdown imposto per far fronte alla pandemia. “Il fenomeno è tutt’altro che in diminuzione – mette in guardia la Lav –, ed è importante aumentare gli strumenti di contrasto a disposizione delle forze dell’ordine“.
Le zoomafie sono note in particolare per i combattimenti tra animali e continuano ad essere un serio problema di criminalità diffuso in diversi ambiti: dalla delinquenza locale e di periferia, passando per allevatori abusivi e trafficanti di cani cosiddetti “da presa”. Non mancano, però, casi riconducibili alla classica criminalità organizzata. A questo si aggiunge il fenomeno della gestione dei canili illegali e il business sui randagi, che mantiene intatto il suo potenziale criminale e garantisce agli sfruttatori di questi animali introiti sicuri e cospicui, grazie a convenzioni con le amministrazioni locali per la gestione dei canili.
Nelle ultime relazioni semestrali della Dia sono riportati, per la prima volta, attestazioni degli interessi della criminalità organizzata nella gestione in Calabria e in Campania. La tratta dei cuccioli è diventata argomento di studio e analisi dei vertici nazionali antimafia, di contromafie e anche della commissione Parlamentare, viene specificato nel rapporto, che sottolinea che “è stato registrato, per il business dei cuccioli, l’interesse di alcuni esponenti di clan camorristici”.
Le zoomafie sono un ambito nel quale si registrano diverse fattispecie di reati, che spaziano da abigeato (furto di bestiame), contraffazione di marchi, falso materiale, associazione per delinquere, introduzione di animali in fondo altrui, maltrattamento di animali, uccisione di animali, macellazione clandestina, pascolo abusivo, ricettazione, truffa aggravata, frode, estorsione, riciclaggio, traffico sostanze dopanti, percezione illecita di fondi pubblici, per citarne alcuni.
Procedibilità per questa tipologia di crimini
Innanzitutto occorre precisare che tutti i reati, quindi anche quelli perpetrati a danno degli animali, sono di competenza della polizia giudiziaria, pertanto nessun organo di polizia può ritenersi esentato dalla competenza verso questa tipologia di reati. A conferma di ciò occorre richiamare il dettato letterale dell’art. 55, comma I, del c.p.p. che chiarisce che: “la polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale”.
Certamente alcuni organi risultano essere maggiormente preparati e dunque istituzionalmente preposti a gestire particolari tipologie di illeciti: nel caso dei reati in parola, il Corpo forestale dello Stato e la Polizia municipale costituiscono organi di riferimento primario per l’applicazione della legge a tutela degli animali; tuttavia ciò non esime tutti gli altri organi di polizia giudiziaria (Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Guardia Costiera…) dal dovere di intervenire.
L’intera polizia giudiziaria, occorre ribadirlo, è in ogni caso competente per tutti i reati, pertanto tutti gli organi di polizia giudiziaria sono sempre chiamati ad operare – su segnalazione o iniziativa – in presenza di condotte illecite a danno degli animali. (Cass. pen. sez. III – Pres. Gambino – Est. Postiglione – n.1872 del 27/9/91).
In particolare va chiarito che per il reato di “uccisione di animali” non è previsto l’arresto, né nella forma obbligatoria né in quella facoltativa. Difatti una persona che uccide un animale non viene arrestata, perché il delitto di uccisione di animali viene punito con la pena massima di due anni, molto inferiore ai cinque anni di pena minima stabiliti dalla legge perché si possa procedere all’arresto obbligatorio in flagranza, e inferiore anche ai tre anni di pena massima prevista per l’arresto facoltativo.
Lo stesso si deve dire per il diverso delitto di maltrattamento di animali. Contro chi commette simili reati, si deve subito sporgere denuncia alle autorità, che, da parte loro, procederanno con le indagini rinviando a giudizio l’autore dell’uccisione o del maltrattamento di animali.
Perché è importante denunciare
Un fenomeno può essere efficacemente contrastato solo laddove se ne conosca la reale portata, purtroppo però in materia di reati contro gli animali molti sono i dati che sfuggono all’evidenza, grande è infatti il numero oscuro, la cd. “cifra nera”, che li interessa. I casi che arrivano a sentenza sono meno del 30%. I crimini contro gli animali che vengono puniti sono dunque una minima parte rispetto a quelli effettivamente consumati. Il motivo di ciò è da ricercarsi principalmente nella sottostima che porta a non denunciare tali abusi, spesso banalizzati e sottovalutati. Proprio come per i reati che vedono coinvolte vittime umane occorrono denunce e non indifferenza.
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