Tutti sanno ma nessuno ne parla. La crisi umanitaria senza precedenti che sta travolgendo le città al confine fra Guatemala e Messico ha raggiunto proporzioni catastrofiche, tanto da obbligare la vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, a tenere proprio a Ciudad de Guatemala, il 7 giugno 2021, il suo primo controverso discorso ufficiale: “A tutti i migranti che pensano di intraprendere questo pericoloso viaggio verso gli Stati Uniti dico questo: Non venite, non venite. Gli Stati Uniti faranno di tutto per difendere i propri confini ed inasprire le proprie leggi”. Dure le risposte di molti componenti dello stesso Partito Democratico. Fra le tante, asprissimo il tweet della senatrice e attivista per i diritti umani Alexandria Ocasio-Cortez: “Innanzitutto, chiedere asilo presso qualsiasi punto del confine degli Stati Uniti è un metodo di arrivo legale al 100% – ha spiegato la Ocasio-Cortez -. In secondo luogo, gli Stati Uniti hanno passato decenni ad abbattere regimi e a contribuire alla destabilizzazione dell’America Latina. Non possiamo pensare di dare fuoco alla casa di qualcuno e poi biasimarlo se fugge”. Ma cosa sta accadendo esattamente in America Latina per creare una spaccatura così profonda all’interno del partito di governo proprio sul tema dei migranti, cavallo di battaglia del presidente Joe Biden durante le elezioni?
Le carovane e il muro umano
Nel corso degli ultimi due anni numerosi sono i fattori che hanno spinto decine di migliaia di migranti a lasciare le proprie case, organizzati in carovane dirette verso nord. La prima delle grandi carovane partì dall’Honduras nell’ottobre 2018. Durante il viaggio verso il confine tra Stati Uniti e Messico, migliaia di migranti, principalmente da El Salvador e Guatemala, si unirono al gruppo. I partecipanti, che utilizzavano i social per coordinarsi, fuggivano dalla violenza e dalla povertà nei loro Paesi d’origine. Molte di queste persone erano precedentemente impegnate in attività come agricoltura, selvicoltura, allevamento e pesca, attività fortemente compromesse dagli effetti dei cambiamenti climatici nella regione (terremoti e uragani sono sempre più violenti e frequenti in tutta l’America Latina). Molte erano vittime delle estorsioni e delle faide fra Maras (associazioni criminali con affiliazione internazionale) che, oltre a esigere pagamenti in danaro, praticavano (e tuttora praticano) il reclutamento forzato dei minori, uccidendo chiunque si opponesse.
Da quella prima carovana le migrazioni di massa sono divenute sempre più frequenti, nonostante i numeri parlino di una viaggio estremamente pericoloso in cui i partecipanti si espongono a insidie, sia interne che esterne alle carovane: sparatorie, accoltellamenti, stupri, estorsioni, sequestri di massa. Uno studio dell’OIM parla di 765 migranti morti nel 2019, 692 nel 2020 e 550 nei primi 8 mesi del 2021. Resta ignoto il numero dei dispersi.
Nel maldestro tentativo di arginare il fenomeno, il governo messicano, sotto le insistenze e le minacce di ritorsioni del governo statunitense, nel gennaio 2020 ha deciso di schierare in maniera permanente l’esercito lungo tutto il suo confine meridionale. Il fiume Suchiate, che fino a poco tempo fa era una zona di transito libero, oggi viene difeso da quello che è stato ribattezzato “il muro umano”. Agenti di polizia federale, polizia anti immigrazione, esercito e marina controllano la Frontera Sur. Il muro umano è risultato essere un fallimento, poiché i migranti continuano a entrare copiosamente nel Paese, dovendo confrontarsi però con una nuova ulteriore difficoltà: le estorsioni e i ricatti delle forze dell’ordine, problema noto e mai risolto che accomuna tutti i paesi dell’America Latina e che in Messico flagella soprattutto le classi più deboli e indifese.
La pandemia e il passaggio da Trump a Biden
Probabilmente, le azioni poste in essere, in condizioni normali avrebbe potuto funzionare quantomeno come deterrente. Ma, prima la pandemia, che ha acuito i problemi economico sociali, poi l’elezione di Biden, che in campagna aveva promesso 125mila visti umanitari entro la fine del 2021 (visti mai erogati), hanno dato nuovo impulso alle carovane mandando in cortocircuito le istituzioni impegnate nella gestione dei flussi che, oltre alle normali pratiche burocratiche, ora devono gestire anche l’emergenza sanitaria.
Un disastro senza precedenti a cui Trump, prima dello scadere del suo mandato, ha deciso di dare il colpo di grazia finale attraverso la creazione del famigerato “Titolo 42”, una legge che per motivi sanitari impone ai richiedenti asilo di seguire l’esito della propria pratica fuori dal territorio statunitense, trasformando di fatto il Messico in una polveriera in cui sono rimasti intrappolati profughi, richiedenti asilo, deportati e clandestini che probabilmente speravano nell’intervento di Kamala Harris. La vicepresidente, in teoria, avrebbe dovuto schierarsi in favore della popolazione migrante che l’ha portata ad essere eletta, ma nel suo primo (già menzionato) discorso ufficiale le sue posizioni sono risultate opposte a quanto promesso in fase preelettorale.
Istituzioni al collasso
Nella sola città di Tapachula, prima città del continente nordamericano, si stima la presenza di 20mila migranti in attesa di quei documenti che permettano loro di regolarizzare la propria posizione in Messico o di proseguire il viaggio verso nord. Gli uffici della UNHCR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) e della OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), ubicati in una zona periferica ed estremamente degradata della cittadina, aprono alle otto del mattino, ma già dalle tre di notte iniziano le code agli sportelli. In migliaia si ammassano in attesa di essere ricevuti. Moltissime sono le donne, moltissimi i minori. La tensione è alta. Accedere agli uffici è quasi impossibile. Spintoni, risse ed episodi di violenza sono la normalità. Chi riesce ad avviare la pratica deve attendere mesi per conoscere la data della prima udienza. Nel frattempo si può chiedere di partecipare ad una delle attività lavorative riservate ai richiedenti, per guadagnare qualche peso e poter sopravvivere. Ma anche in quel caso i tempi burocratici sono iperbolici. Le autorità non hanno personale e tantomeno fondi e così anche i rifugi per migranti vanno in tilt. I più piccoli, come il rifugio per bambini migranti “Todo para ellos”, arrancano alla ricerca di donazioni per l’acquisto di beni di prima necessità. I più grandi, come L’”Albergue de Jesus el Buen Pastor”, hanno dovuto ricalibrare i propri spazi portando la capacità da 400 a 1200 persone. Tutto a costo zero per le casse dell’erario pubblico che, seppur volesse, non avrebbe la capacità di sostenere un tale sforzo economico.
Storie dell’orrore quotidiano
In questo disastro di proporzioni bibliche, si è persa la prospettiva che dovrebbe guidare la gestione dell’emergenza, che non è solo una mera questione numerica o politica ma il risultato di una crisi umanitaria senza precedenti: decine di migliaia di storie di morte e sofferenza, storie di speranza, storie di redenzione. Alcuni migranti hanno semplicemente lasciato la propria terra dopo che un uragano gli aveva portato via tutto. Altri hanno abbandonato le proprie case perché non riuscivano più a pagare il pizzo. Altri dopo aver perso il padre, la madre o un fratello, o anche tutta la famiglia.
Storie agghiaccianti, storie terribili, in attesa di essere ascoltate in udienza dalle commissioni dell’INM (Instituto Nacional de Migración), con tempi che diventano sempre più lunghi, sempre più strazianti, sempre più pericolosi, soprattutto per coloro i quali la cui vita è minacciata da gente senza scrupoli che perseguita, uccide e punisce anche chi fugge.
“Avevo una tortilleria”, racconta Lupita, nome di finzione che usiamo per proteggere l’identità della donna. “Un giorno vennero a chiederci il pizzo minacciando di ucciderci. Non avevamo i soldi e così uccisero mia madre.” E sono centinaia di migliaia le Lupita che ogni anno attraversano il Messico, ognuna con la sua storia, ognuna col suo orrore, ognuna con un sogno che, incredibilmente, resiste e cresce nonostante le mille avversità, alimentato dalla speranza di un futuro migliore.
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