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L’inasprimento delle tensioni tra alcune comunità locali, il dilagare della criminalità e le instabilità istituzionali, hanno creato le condizioni ottimali per rendere il Sahel un terreno fertile per le organizzazioni islamiche di stampo jihadista affiliate all’Is e ad Al Qaeda, che in quell’area hanno stabilito le basi per radicarsi.

Nella regione che si estende da ovest a est del continente africano, nella fascia di territorio sub-sahariana che comprende parti del Senegal, Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger, Nigeria, Chad, Sudan, Eritrea e una piccola porzione dell’Etiopia, i movimenti jihadisti da anni minacciano, devastano, uccidono per accaparrarsi il controllo del territorio, spingendosi sempre di più verso i Paesi costieri dell’Africa occidentale.

Nel caos politico e istituzionale si inseriscono vari attori: oltre ai terroristi, le forze governative supportate da potenze internazionali con interessi da tutelare, e gruppi di autodifesa, che da circa dieci anni si fronteggiano in quello che è diventato un conflitto transfrontaliero. Vi facciamo , in questa sede, il punto della situazione nell’ambito dei nostri approfondimenti sui conflitti nel mondo.

Nel 2022 si è registrato un aumento dei disordini e delle violenze. Le nazioni più colpite sono state il Burkina Faso, il Mali e il Niger, la cosiddetta regione dei “tre confini”. Secondo i dati di Acled, organizzazione no profit che aggiorna periodicamente sui conflitti nel mondo, i casi di violenza politica organizzata in Burkina Faso nel 2021 sono raddoppiati rispetto al 2020, e i decessi annuali segnalati hanno superato per la seconda volta in tre anni quelli segnalati in Mali.

Questi numeri portano gli analisti dell’associazione a ritenere che l’epicentro del conflitto si sia spostato dal Mali al Burkina Faso. Nella terra degli “uomini integri”, uno degli ultimi massacri attribuiti ai terroristi islamici risale a un mese fa, quando uomini armati assaltarono la città di Seytenga, a nord-est del Paese e uccisero almeno 50 persone. Le difficoltà a garantire la sicurezza nel Paese sarebbero alla base del colpo di stato che a gennaio scorso ha portato i militari al potere.

Dei colpi di stato ci sono stati nel 2020 e nel 2021 anche in Mali, e avrebbero distolto l’impegno delle forze maliane dalla lotta ai terroristi per concentrarlo sulle operazioni contro le insurrezioni dei civili. “Invece di concentrarsi sulle questioni di sicurezza, il governo di transizione guidato dalla giunta – secondo Acled – si è in gran parte concentrato sulla permanenza al potere, sul prolungamento della transizione politica e sul rinvio dello svolgimento delle elezioni”. E sarebbe questa una delle ragioni per cui lo scorso anno si è registrata una diminuzione del 70% delle morti legate ai conflitti.

Il peggioramento della situazione della sicurezza in tutto il Sahel ha anche amplificato le tensioni contro le forze francesi presenti negli stati rientranti nella regione, in terre dove già i sentimenti anticoloniali sono fortemente diffusi. Diversi gli attacchi registrati contro i convogli militari francesi in Burkina Faso, Mali e Niger. A ciò si aggiunge che la Francia ha ritirato dal Mali le sue truppe impegnate nell’operazione Barkhane a partire da febbraio 2022, per l”incapacità di lavorare con i governi nazionali nella regione del Sahel, aveva detto Macron nell’annunciare il ritiro nel 2021 dopo il colpo di stato in Mali del 2021 guidato dal vicepresidente Assimi Goita.

L’operazione militare della Francia “Barkhane” contro i gruppi islamisti nel Sahel era iniziata nel 2014, e ha portato nel 2021 all’uccisione di Adnan Abou Walid al-Sahrawi, capo di Eigs, lo “Stato Islamico nel Grande Sahara” (Eigs), che da anni prova ad estendere il suo controllo tra Mali, Niger e Burkina Faso. Eigs nasce nel 2015, quando Al-Sahrawi ufficializza la nuova organizzazione dell’Is e rivendica i suoi primi attacchi. L’Eigs è solo una delle due principali organizzazioni jihadiste contro le quali si sta combattendo nel Sahel. L’altro gruppo jihadista attivo nella regione è il rivale Gsim (Gruppo di supporto per l’Islam e i musulmani), che è affiliato ad Al-Qaeda.

Con il venir meno della cooperazione con il Mali nella lotta al terrorismo, la Francia sta cercando ora di stringere collaborazioni con il Niger e il Burkina Faso, mentre cresce la minaccia jihadista anche negli stati costieri dell’Africa occidentale. Ieri, il ministro degli Esteri francese, Catherine Colonna, e il ministro della Difesa, Sebastien Lecornu, hanno incontrato in Niger il presidente Mohamed Bazoum e gli omologhi ministri nigerini per sigillare un accordo per una ridistribuzione regionale dei militari.

“Siamo qui per sottolineare l’impegno della Francia a fianco delle autorità nigerine e per rispondere nel miglior modo possibile alle esigenze che ci avete espresso, sia in termini di aiuto allo sviluppo, sicurezza e lotta al terrorismo, ma anche per aiutare il Niger ad affrontare l’insicurezza alimentare che è in aumento nel mondo”, è la dichiarazione di Colonna riportata nel comunicato della presidenza della Repubblica del Niger.

Secondo quanto riferisce il giornale Al Jazeera in un articolo del 13 luglio scorso, sarebbero circa “1.000 i soldati francese di stanza nella capitale Niamey con caccia, droni ed elicotteri”. “Circa 300-400 sarebbero stati inviati per operazioni speciali con le truppe nigerine nelle regioni di confine con il Burkina e il Mali”, hanno detto i ministri francesi in una conferenza stampa . Altri 700-1.000 avrebbero sede in Ciad con un numero imprecisato di forze speciali operanti altrove nella regione.

“Oltre al Mali, il declino democratico nell’Africa occidentale è estremamente preoccupante con successivi golpe in Mali due volte, in Guinea nel settembre 2021, in Burkina Faso nel gennaio di quest’anno”, ha detto Colonna – nella dichiarazione riportata da Al Jazeera – in un’audizione parlamentare martedì. “Nonostante questi eventi, questo ritiro dal Mali, la Francia continuerà ad aiutare gli eserciti dell’Africa occidentale a combattere i gruppi terroristici”.

Le tensioni diplomatiche sono aumentate quando la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) ha imposto un nuovo ciclo di sanzioni al Mali a gennaio 2022, dopo la decisione della giunta militare di restare al potere fino a un massimo di 5 anni. Ecowas aveva imposto la chiusure delle frontiere, un embargo commerciale, aveva deciso di interrompere gli aiuti finanziari al Mali e di congelare i suoi beni presso la Banca centrale degli Stati dell’Africa occidentale. Le sanzioni sono state revocate il 3 luglio scorso dalla Ecowas.

Dal ritiro della Francia, il Mali ha iniziato a collaborare con i militari russi, che hanno accompagnato le forze governative maliane durante le operazioni nel Mali centrale nel dicembre 2021. Il risentimento delle popolazioni locali nei confronti della Francia, in diversi Paesi hanno portato gruppi di opposizione locali ad unirsi contro gli ex colonizzatori, e i governi di alcuni Paesi hanno iniziato a ripiegare su altri partner internazionali, tra cui la Russia. Alcune autorità africane hanno però accusato Mosca di utilizzare metodi e tecniche discutibili per esercitare la sua influenza sui paesi africani, in particolare viene additato un gruppo privato russo, il Gruppo Wagner, che secondo le accuse concluderebbe accordi con gli oppositori politici per assicurarsi l’accesso alle risorse.

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