Fonte foto: Unicef

Ciao, mi presento. Il mio nome è Tigray e sono una delle regioni che fanno parte dell’Etiopia. La mia amica fedele è la mia capitale, ovvero Macallè, e la lingua che si parla è il tigrino. Solitamente la parte più grande, e quindi l’Etiopia, dovrebbe rappresentare una mamma, mentre le regioni dovrebbero essere come dei figli. Eppure, per quanto mi riguarda, nulla di tutto questo!

Il mio popolo sta vivendo un particolare momento storico, atrocità che mai la mente umana riuscirebbe ad immaginare e che occhi, anche i più freddi, non vorrebbero mai vedere. Ma, tutto quello che succede qui, rimane qui…il mondo non sa. Ed è per questo che ti scrivo questa lettera, con la speranza che tu mi legga e che anche tu possa sapere.

Già nel 1998, scoppiò una guerra tra l’Eritrea e l’Etiopia, centrata su una parte di territorio che apparteneva alla mia regione e che includeva il villaggio di Badammè. Dopo una risoluzione delle Nazioni Unite, molte di queste terre vennero assegnate all’Eritrea.
Andando avanti, nel tempo si è superato ogni soglia umana, ogni rispetto per la vita ed oggi è l’inferno. Ma nessuno probabilmente riesce a capire fino a che punto.

Il 4 novembre del 2020, Abiy Ahmed Ali (che oltre ad essere il primo ministro etiope ha anche ricevuto il premio Nobel per la pace nel 2019) e Isaias Afwerki (dittatore eritreo), con l’aiuto di altre nazioni che hanno procurato loro armi, droni, bombe e tanto altro, hanno iniziato ad attaccare la mia capitale, radendo al suolo ogni vita umana… Di uomo, donna, bambino, senza la minima pietà.

Il mio popolo sta subendo ancora oggi delle vere e proprie atrocità: militari che spalancano le porte delle case e tagliano di netto la testa alle persone che vi trovano e, nel contempo, li derubano di ogni avere, anche di quello che non ha alcun valore. Le donne (di qualsiasi età: bambine, adolescenti, adulte, anziane) vengono violentate e torturate fino a farle supplicare di volere la morte.

Amnesty International, come altri giornali che hanno preso a cuore la mia storia, ha trattato il tema dello stupro e di altre forme di violenza sessuale usate come armi da guerra per infliggere danni fisici e psicologici a donne e ragazze nel Tigray, riportando che centinaia di loro sono state sottoposte a trattamenti brutali allo scopo di degradarle e privarle della loro umanità.

Sono stati riportati i resoconti di violenza sessuale contro donne e ragazze nel Tigray mostrando l’intenzione di infliggere danni fisici e psicologici duraturi alle sopravvissute. Soldati e milizie hanno sottoposto donne e ragazze del Tigray a stupri, stupri di gruppo, schiavitù sessuale, mutilazioni sessuali e altre forme di tortura, spesso usando insulti etnici e minacce di morte.

Le sopravvissute ancora non si sono riprese: molte lamentano continue perdite di sangue, dolori alla schiena e fistole, altre dopo lo stupro sono risultate positive all’Hiv/Aids. Non riescono a dormire e hanno sviluppato ansia e altre forme di stress emotivo. I resoconti forniti dalle sopravvissute sono agghiaccianti: stupri di gruppo all’interno di basi militari , prolungati per giorni se non per settimane; inserimenti nella vagina di chiodi, ghiaia, oggetti metallici e di plastica che hanno causato danni in alcuni casi irreversibili.

Amnesty International nel rapporto pubblicato l’11 agosto, ha riportato di aver intervistato (tra marzo e giugno 2021) 63 sopravvissute a stupri e altre violenze sessuali nel conflitto del Tigray. Dodici di queste persone hanno raccontato di esser state stuprate ripetutamente per giorni, in alcuni casi per settimane. Cinque erano incinte all’epoca dei fatti. La sopravvissuta più giovane di cui è stato riportato lo stupro aveva 10 anni, la più anziana 62.

Amnesty International, inoltre, ha riportato alcune testimonianze di donne sopravvissute alle violenze da uomini in divisa. Etsegenet, una ragazza di 16 anni, è stata rapita e tenuta prigioniera ad Adebai dai soldati etiopi mentre fuggiva con la madre e i fratelli. È stata portata in una casa dove un ufficiale della Difesa Nazionale Etiope l’ha stuprata mentre altri tre uomini aspettavano fuori. L’uomo ha preso alla ragazza la sua verginità e l’ha lasciata agli altri tre uomini che hanno continuato a stuprarla a turno. L’hanno tenuta segregata in in quella casa per tre giorni, dove hanno ripetutamente continuato a violentarla. Solo dopo tre giorni e in piena notte, l’hanno lasciata andare.

Letay, una donna di 20 anni, è stata aggredita nella sua casa da uomini di lingua amarica, armati e vestiti da una combinazione uniformi e abiti civili. Hanno finto di cercare armi e hanno fatto uscire di casa i suoi genitori e i suoi fratelli mentre lei dormiva in una stanza. Letay si è svegliata a causa del rumore che stavano facendo. I tre uomini sono entrati nella sua stanza, lei non ha urlato. Le hanno fatto segno di non fare rumore o l’avrebbero uccisa. L’hanno violentata, uno dopo l’altro. “Ero incinta di quattro mesi. Non so se si sono resi conto che ero incinta. Non so se si sono resi conto che fossi una persona”, ha detto Letay ad Amnesty International.

Eyerusalem, 39 anni, madre di due figli, è stata sequestrata dai soldati eritrei, insieme ad altre due donne, mentre viaggiava verso est con i suoi figli per fuggire dal conflitto nella sua città natale. L’hanno tenuta per 24 ore e hanno usato una verga di ferro incandescente per bruciarla. Hanno anche inserito pezzi di metallo nel suo grembo. Cinque di loro l’hanno stuprata davanti ai suoi figli. Il direttore medico dell’ospedale in cui è stata curata ha detto ad Amnesty International che quattro chiodi di metallo sono stati rimossi dal suo corpo. Quei chiodi le rendevano difficile il movimento sin dalla violenza (due mesi prima dell’intervento). Hanno anche trovato un’ustione sulla parte superiore della coscia, risalente a quando è stata violentata.

Amnesty International inoltre ha informato che le strutture sanitarie del Tigray hanno registrato 1288 casi di violenza di genere tra febbraio e aprile del 2021. Il solo ospedale di Adigrat ha registrato 376 casi di stupro dall’inizio del conflitto al 9 giugno. Questi numeri non rappresentano la reale dimensione di questi crimini, dato che molte sopravvissute hanno detto ad Amnesty International di non essersi rivolte ad alcuna struttura sanitaria.
Ad oggi il numero di violenze (così come il numero di uccisioni) è molto più elevato rispetto ai dati riportati nel 2021.

Detto questo, continuo a raccontarti cosa sta accadendo alla mia gente. Il mio popolo viene picchiato a sangue per le strade, le persone vengono fucilate solo per la loro appartenenza etnica, bruciate vive mentre vengono derise dalle truppe eritree e etiopi che postano video sui social orgogliosi di ciò che hanno fatto. Nelle campagne vengono sparse sostanze velenose di proposito. E ad andarci di mezzo sono anche tantissimi animali che si trovano nei dintorni per cibarsi di ciò che lì è sempre stato puro, perdendo in quel modo orribile la loro vita e che successivamente vengono bruciati oppure lasciati lì come se nulla fosse.

Il mio popolo è stato isolato dal resto del mondo. Gli è stato negato internet, per non far trapelare informazioni riguardanti la guerra. Le linee telefoniche sono state sospese e , umanamente, puoi metterti nei panni di chi ha lasciato il Paese ma ha un parente qui e non riesce a sapere in che condizioni si trovi, non gli è concesso sapere nemmeno se è ancora vivo. Il mio popolo è stato privato dell’energia elettrica e della sua libertà, non potendo uscire di casa per il rischio di non tornare più.

Al mio popolo è stata negata l’acqua, sospendendo il servizio idraulico: molti abitanti percorrono tantissimi chilometri per recuperare un po’ d’acqua dal lago. Al mio popolo non è concesso utilizzare i mezzi di trasporto e non è concesso nemmeno fare rifornimento di carburante per il proprio veicolo. Al mio popolo è stato vietato l’accesso ai conti bancari poiché sono stati ritirati dal governo che così non fa altro che derubare chi, con enormi sacrifici di una vita intera, ha messo da parte poche risorse per assicurare un minimo di sopravvivenza alla propria famiglia.

Qualsiasi aiuto venga mandato da altri paesi non verrà mai consegnato a chi è destinato.
Le persone, qui, lavorano dignitosamente e lo fanno gratuitamente poiché non è concesso a nessuno ricevere lo stipendio. Il materiale di soccorso è stato sequestrato dai militari eritrei e le donne sono costrette a lavare i propri vestiti per poi consegnare i pezzi di indumenti ai dottori in modo che li possano utilizzare come garze.

Non hanno rispetto nemmeno per la casa di Dio, hanno presa d’assalto i luoghi di culto bombardando e saccheggiando chiese e moschee (numerose le persone che hanno perso la vita). Ma non solo: sono stati bombardati gli asili nido (con bambini all’interno), altre scuole di diverso grado e alla lista si aggiungono anche le fabbriche, ospedali e altre strutture presenti sul mio territorio.

Cosa c’è dietro? La mia teoria è che Isaias Afwerki vorrebbe governare su tutta l’Etiopia. L’Eritrea forse non gli basta, è molto piccolo come Paese. Abiy Ahmed – primo ministro dell’Etiopia – invece mi sembra solo una marionetta del dittatore eritreo. D’altronde, io Tigray, ritengo che è grazie ad Isaias Afwerki se Abiy Ahmed è diventato capo del governo etiope, si perché tra la mia gente si pensa che Abiy Ahmed riportò delle informazioni al dittatore eritreo in cambio del suo aiuto per avere la carica attuale. Ma nessuna sete di potere può giustificare questa assurda strage, nulla può giustificare il silenzio che consente ancora di sterminare!!

Il motivo della mia lettera è informarti di ciò che mi sta succedendo e ciò che la mia gente sta subendo ingiustamente, con la speranza che chi dovrebbe intervenire non resti seduto a riscaldare la sua poltrona mentre questa catastrofe fa ancora il suo corso. Mi appello a tutte le persone che ripudiano la guerra e ogni forma di violenza: aiutami a spargere la voce, il mio popolo deve avere giustizia. Il mondo deve sapere e tutto questo deve finire. Ho chiesto aiuto a programmi televisivi che si occupano di informazione, a telegiornali e tanti altri ma per loro sono invisibile! Non dimenticarti di me, diamo voce a chi in questo momento vive nel terrore. Chi resta in silenzio è complice di questo genocidio.


This letter is for you!

Hello, let me introduce myself.
My name is Tigray and I am one of the regions that are part of Ethiopia.
My faithful friend is my capital, which is Macallè, and the language spoken is Tigrinya.
Usually the largest part, and therefore Ethiopia, should represent a mother, while the regions should be like her children. Yet, as far as I’m concerned, none of this!
My people are experiencing a particular historical moment, an atrocity that the human mind would never be able to imagine and that eyes, even the coldest ones, would never want to see. But, everything that happens here stays here…the world doesn’t know and that’s why I write you this letter, with the hope that you read me and that you too can know.

Already in 1998, a war broke out between Eritrea and Ethiopia, centered on a part of the territory that belonged to my region and which included the village of Badammè. After a UN resolution, much of this land was awarded to Eritrea.
Going forward, over time every human threshold has been exceeded, every respect for life and today is hell. But no one probably can figure out to what extent.
On November 4, 2020, Abiy Ahmed Ali (who in addition to being the Prime Minister of Ethiopia also received the Nobel Peace Prize in 2019) and Isaias Afwerki (Eritrean dictator), with the help of other nations who procured them weapons , drones, bombs and much more, have begun to attack my capital, razing to the ground every human life… of man, woman, child, without the slightest mercy.

My people are still suffering real atrocities today: soldiers who open the doors of houses and cut off the heads of the people they find there and, at the same time, rob them of all possessions, even those that have no value. Women (of any age: children, adolescents, adults, the elderly) are raped and tortured until they beg for death.

Amnesty International, like other newspapers that have taken my story to heart, covered the topic of rape and other forms of sexual violence being used as weapons of war to inflict physical and psychological harm on women and girls in Tigray, reporting that hundreds of women have been subjected to brutal treatment to degrade them and deprive them of their humanity.

Reports of sexual violence against women and girls in Tigray have been reported showing the intent to inflict lasting physical and psychological harm on survivors.
Soldiers and militias subjected Tigrayan women and girls to rape, gang rape, sexual slavery, sexual mutilation and other forms of torture, often using ethnic slurs and death threats.

The survivors have not yet recovered: many complain of continuous bleeding, back pain and fistulas, others after the rape tested positive for HIV/AIDS. They cannot sleep and have developed anxiety and other forms of emotional distress.
The accounts provided by the survivors are chilling: gang rapes inside military bases that lasted for days if not weeks; insertions into the vagina of nails, gravel, metal and plastic objects which have caused irreversible damage in some cases.

Amnesty International in the report published on August 11, reported that it interviewed (between March and June 2021) 63 survivors of rape and other sexual violence in the Tigray conflict. Twelve of these people said they were repeatedly raped for days, in some cases for weeks. Five were pregnant at the time of the events. The youngest woman who survived the rape was 10 years old, the oldest 62.

Amnesty International also reported some testimonies of women survivors of violence by men in uniform. Etsegenet, a 16 year old girl, was kidnapped and held captive in Adebai by Ethiopian soldiers while fleeing with her mother and siblings. She was taken to a house where an Ethiopian National Defense officer raped her while three other men waited outside. The man took away the girl’s virginity and left it to the other three men who continued to rape her in turn. They held her in that house for three days and repeatedly continued to rape her. Only after three days and in the middle of the night did they let her go.

Letay, a 20 years old woman, was attacked in her home by Amharic-speaking men, armed and dressed in a combination of uniform and civilian clothes. They pretended to search for weapons and made her parents and siblings leave the house while she slept in a room. Letay woke up because of the noise they were making. The three men entered her room, she didn’t scream. They signaled her not to make any noise or they would have killed her. They raped her one after another. “I was four months pregnant; I don’t know if they realized I was pregnant. I don’t know if they realized I was a person,” Letay told Amnesty International.

Eyerusalem, 39 years old, a mother of two, was abducted by Eritrean soldiers, along with two other women, as she traveled east with her children fleeing conflict in her hometown. They held her for 24 hours and used a red-hot iron rod to burn her. They also inserted pieces of metal into her womb. Five of them raped her in front of her children. The medical director of Eyerusalem hospital, where she was being treated, told Amnesty International that four metal nails were removed from her body. Those metal nails made it difficult for her to move after the rape (two months before her surgery). They also found a burn on her upper thigh from when she was raped.

Amnesty International also reported that health facilities in Tigray recorded 1,288 cases of gender-based violence between February and April 2021. Adigrat hospital alone recorded 376 cases of rape from the start of the conflict to 9 June. These numbers do not represent the true extent of these crimes, as many survivors have told Amnesty International that they have not been referred to any health facility.

To date, the number of rapes (as well as the number of homicides) is much higher than the data reported in 2021.
That said, I continue to tell you what is happening to my people.
My people are being beaten bloody in the streets, people are being shot just for their ethnicity, burned alive while being mocked by Eritrean and Ethiopian troops who post videos on social media proud of what they have done.

They spread poisonous substances in the countryside. And there are also many animals that are in the middle to feed on what has always been pure there, losing their lives in that horrible way and are subsequently burned or left there as if nothing had happened.
My people have been isolated from the rest of the world. He was denied the Internet, so as not to leak information about the war. The telephone lines have been suspended and, humanly speaking, one can put oneself in the shoes of someone who has left the country but has a relative here and cannot know his condition, nor is he allowed to know if he is still alive.

My people have been deprived of electricity and freedom, unable to leave their homes and at risk of never returning. My people have been denied water, suspending the hydraulic service: many inhabitants travel many kilometers to fetch some water from the lake. My people are not allowed to use transportation and they are not even allowed to refuel their vehicles. My people are denied access to current accounts because they are withdrawn by the government which in this way does nothing but rob those who, with enormous sacrifices of a life, have set aside few resources to guarantee a minimum survival for their family.

Any aid sent from other countries will never be delivered to the recipient. People here work with dignity and do it for free because no one can receive a salary. The relief material has been seized by the Eritrean military and the women are forced to wash their clothes and then hand them over to the doctors to be used as gauze. They have no respect even for the house of God, they have stormed places of worship by bombing and looting churches and mosques (many people have lost their lives). But that’s not all: nursery schools (with children inside), other schools of different levels were bombed, and factories, hospitals and other structures in my area were also added to the list.

What’s behind it? My theory is that Isaias Afwerki would like to rule over all of Ethiopia. Perhaps Eritrea is not enough for him, it is a very small country. Abiy Ahmed – prime minister of Ethiopia – instead seems to me just a puppet of the Eritrean dictator. On the other hand, I Tigray, I believe that it is thanks to Isaias Afwerki if Abiy Ahmed became head of the Ethiopian government, yes because among my people it is thought that Abiy Ahmed reported information to the Eritrean dictator in exchange for his help to get the job current. But no thirst for power can justify this absurd massacre, nothing can justify the silence that still allows us to exterminate!!

The reason for my letter is to inform you of what is happening to me and what my people are suffering unjustly, with the hope that those who should intervene will not sit around warming their seats while this catastrophe continues. I appeal to all people who reject war and all forms of violence: help me spread the word, my people must have justice. The world must know and all this must stop. I asked for help from television programs dealing with information, news and many others but they are invisible to them! Don’t forget about me, let’s give a voice to those who are living in fear right now. Those who remain silent are complicit in this genocide.

3 COMMENTI

  1. “Una lettera per il Tigray” racconta e presenta senza nessuna esagerazione le realtà che il popolo di Tigray sta vivendo quotidianamente da più di due anni. Purtroppo, l’atrocità orrenda contro il popolo di Tigray da parte del governo centrale Etiope ed il governo Eritreo di cui parla lo scritto è totalmente nascosta dal mondo. Questi due governi criminali hanno bloccato tutti i mezzi di comunicazione da Tigray o verso Tigray. Quanto mi piacerebbe se questo scritto, che è tra le poche pubblicazioni che riportano la situazione di Tigray, fosse divulgato. Non lo trovo facendo google search.

  2. Il popolo tigrino soffre queste condizioni da decenni prima del 1998 ci sono state altre guerre e altre atrocità in Italia molti di loro vivono da ben prima del 1998 , testimoniamo il più possibile queste realtà, grazie, solo così possiamo conoscere quqlcosa dei popoli perseguitati

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