Il corpo riverso a terra, lungo una carreggiata insolitamente deserta. Era fermo, sembrava esanime. Nel buio illuminato dai fari delle poche auto di passaggio e da una luce fioca dei lampioni di una città solitamente nel caos, quel corpo non aveva nulla di riconoscibile. Non si capiva se era di una donna, di un uomo, se era finito a terra dopo un malore, se era stato travolto da qualche veicolo. Nel centro di Napoli, a pochi passi dalla stazione centrale di piazza Garibaldi, quasi ai piedi di una delle porte più antiche della città, Porta Capuana, un corpo era lì a terra, sulla strada, solo e immobile.
Erano più o meno le 20,40. Le auto gli passavano di fianco, rallentavano incuriosite e poi scappavano. Poco distante, vicino a una macchina in sosta, era appoggiato qualcosa che da lontano somigliava molto a uno di quei banchetti pieghevoli che usano i venditori ambulanti per esporre mercanzia. Avvicinandosi si delineava più precisamente la sua reale forma: era una televisione enorme, una 55 pollici. Il corpo ai suoi piedi era quello di Giovanna. Il nome si scoprirà solo quando riuscirà a pronunciarlo a uno dei carabinieri passati per caso in quel punto. Il timore dei militari era l’overdose. Giovanna pare che sia nota nella zona. “E’ una donna conosciuta. Si prostituisce per droga”, raccontano sul posto.
Giovanna era sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Da immobile e incosciente, inizia a contorcersi, a strisciare sull’asfalto per un malessere che lamentava. Dalle palpebre semichiuse solo il bianco delle pupille si intravedeva. Improvvisamente scatta e si alza, iniziando a proferire parole insensate. Si appoggia alla macchina più vicina, infila una mano nei pantaloni come a volersi masturbare. Poi si accascia, non riesce a stare in piedi. “La televisione è mia”, urla ai carabinieri che le dicono che sta arrivando un’ambulanza. “Io scasso tutto”, dice in uno stretto dialetto napoletano. Parole sconnesse, frasi sconnesse. Un corpo sconnesso, consumato dalla droga.
“Che ti sei fatta, Giovanna?”, le chiedono ripetutamente gli operatori del 118 arrivati a soccorrerla. Ma non riesce a parlare, a reggersi in piedi, a tenere aperti gli occhi. La fanno distendere su una panchina lì vicino, e iniziano a visitarla così, su un freddo marmo, nel buio di una piazza desolata, piazza Enrico De Nicola, spesso ritrovo di tossicodipendenti che ormai hanno fatto dell’area sotto Porta Capuana luogo di ritrovo per bucarsi. “Qui i residenti hanno paura. Ormai sono abituati a vedere persone in queste condizioni. Temono aggressioni”, dice uno dei militari dell’Arma per dare un motivo all’indifferenza dei passanti.
Da anni nella zona di Porta Capuana, residenti e commercianti denunciano lo stato di degrado in cui è ridotta l’area. La situazione non è migliorata con la riqualificazione avvenuta con i lavori previsti nell’ambito del Grande Progetto Unesco. Piazza San Francesco a Capuana, restituita alla città a dicembre del 2018, secondo i progetti dell’amministrazione comunale dell’ex sindaco De Magistris doveva diventare un luogo che aggregasse attraverso eventi culturali, in realtà dalla riapertura è rimasta solo meta esclusiva di tossicodipendenti. Ad ogni ora del giorno si vedono persone bucarsi, comodamente sedute su una panchina, donne vendersi per una dose, soggetti intenti a scolarsi litri di alcol e gruppetti con siringhe alla mano sotto la mastodontica porta di epoca aragonese, di cui è rimasta solo la storia calpestata dall’abbandono e da una triste realtà: la fallimentare lotta contro la droga e la tossicodipendenza.