Una progressiva diminuzione del numero delle adozioni, poco più di 500 nel 2022, e tempi burocratici che si aggirano in media tra i 3 e i 4 anni per consentire alle coppie di accogliere in casa dei bambini provenienti spesso da Paesi lontani. Cosa, quest’ultima, che peraltro spesso scoraggia la scelta di compiere un atto d’amore verso i minori che hanno bisogno di affetto e stabilità. In Italia, tra mille rivoli e difficoltà, pur con qualche eccellenza legislativa, il tema adozioni, spesso di bambini provenienti dall’estero, è complesso e delicato.
Qualche numero esemplificativo
Stando a quanto certificato dell’Istat, nel 2022 le adozioni in Italia sono state 565, soltanto 2 in più rispetto al 2021 e la metà dell’ultimo anno pre-pandemia da Covid, il 2019. Diversi i fattori che giustificano tali dati. L’eccessiva attesa – di 3 o 4 anni in media – e la difficoltà sovente per le coppie che compiono questo passo a far fronte sin da subito alle spese per le adozioni. “Una delle cose importanti da fare – conferma il Professor Giuseppe Scialla, Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Campania e componente del Comitato ministeriale “Media e minori’’ del Mise’’ in una recente tavola rotonda sul tema al consiglio regionale della Campania – è sollecitare la riduzione dei tempi. Ogni coppia deve avere il decreto di adottabilità, ora si può aspettare anche oltre 4 anni. Nei Paesi dove c’è molta natalità, sono quelli dove c’è il peggior stato di abbandono e peggiore benessere dei bambini, che invece andrebbero sostenuti”, sottolinea il professor Scialla facendo riferimento, per la tutela del fanciullo, agli articoli 20, 27 e 41 della convenzione Onu. In Italia, le regioni che detengono la soglia più alta di richiesta di adozioni sono la Lombardia, la Campania e la Toscana, con il tribunale di Milano con l’11% delle domande esaminate, il Tribunale di Napoli con il 13% e quello di Firenze con il 10% del totale. I servizi territoriali per la tutela dei minori sono, come spesso accade in Italia, a macchia di leopardo, secondo gli esperti del settore: meglio in Liguria, Lombardia e Toscana, meno bene al Sud, pur con qualche sorprendente eccezione, come la Sicilia.
La mappatura delle adozioni e i costi
Anche i costi da sostenere per adottare i bambini, spesso proveniente da altri contesti, sono tutt’altro che banali. Ovviamente, a seconda della connotazione geografica e delle caratteristiche interne dei vari Paesi, l’esborso cambia: si va dai 9.000 o 10000 euro per le nazioni africane o asiatiche, ai 20.000 di Armenia e Bielorussia. “Tutto dipende anche dalla legislazione interna”, ricorda Vincenzo Starita, vicepresidente Cai, Commissioni Adozioni Internazionali, che traccia altre coordinate. In questo momento – afferma – i Paesi che danno più adozioni in Italia sono l’India, seguita dalla Colombia, tra i Paesi europei l’Ungheria tiene. La maggioranza delle adozioni in Italia, tra il 60 e il 70% in alcuni casi, negli ultimi 3 anni sono quelle di bambini superiori ai 7 anni, compresi bambini con difficoltà conclamate (fisiche, psicologiche, ndr.)”. Che i tempi siano eccessivamente lunghi lo dimostra anche l’età media di molte delle coppie che poi adottano un bambino e l’età stessa dei minori adottati, così come dice ancora il vicepresidente Cai Starita:” 47 anni per le donne, 48 per gli uomini. Mentre i bambini di media possono avere anche 7 anni” . Il vicepresidente Cai, dal canto suo, insiste: “Di coppie giovani che vogliono adottare ce ne sono, ma bisogna studiare dei meccanismi che le aiutino nel percorso iniziale. Il sostegno per le famiglie supera, quest’anno, i 9000 euro complessivi, con una deducibilità del 50% dal punto di vista fiscale. Con il ministro Eugenia Maria Roccella per la famiglia, la natalità e le pari opportunità stiamo ragionando su un fondo, garantito dalla commissione, coinvolgendo le banche per l’anticipazione delle somme alle coppie”. “L’adozione costa”, chiosa Starita. “Tra i Paesi occidentali – sottolinea – , l’Italia è tra i pochi che prevedono i rimborsi. Ma non basta” .
Cambiare l’iter legislativo
Che sia necessario cambiare l’iter legislativo, con un maggior coordinamento tra i decisori istituzionali, così come chiedono esperti e associazioni, lo dimostra anche un ulteriore elemento numerico fornito dal Professor Giuseppe Scialla, Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Campania e componente del Comitato ministeriale “Media e minori’’ del Mise’’. “Per i minori non accompagnati che si trovano nelle case famiglia, la spesa media per ogni cittadino oscilla tra i 130 e i 170 euro. Perché allora non li affidiamo alle famiglie almeno sino ai 18 anni, quando poi possono avere maggiore possibilità di scelta?”. Sulla necessità di cambiare è convinta anche Anna Torre, presidente fondazione Nidoli onlus, con sede a Napoli, che si occupa di adozioni internazionali.” Bisogna prenderci più cura sia delle coppie adottive che dei bambini. Occorre un tavolo permanente tra le Regioni e gli altri enti. Le adozioni internazionali riguardano l’estero, ma spesso con i Paesi esteri non si riesce a parlare, nonostante noi, come associazione, in teoria avremmo la delega della presidenza del Consiglio dei ministri”, scuote la testa la dottoressa Torre. È questa la chiave di volta, dunque. Ancora, la presidente di Nidoli onlus: “È importante avere più strumenti. Non abbiamo una cornice istituzionale. Legislativamente dovremmo avere qualche strumento in più, quindi non è nemmeno giusto che mi ascoltino per cortesia: io in teoria parlerei per conto del mio governo. Dovremmo ricominciare a dare speranza alle famiglie. Sono poche le famiglie che vogliono adottare, perché ci sono tempi lunghi, costi esagerati, bambini ammalati: perché una famiglia dovrebbe adottare?”. Per le varie situazioni internazionali, le adozioni sono oramai difficoltose per bambini provenienti da molte aree dell’Est Europa, a causa della guerra in Ucraina, dall’area della Serbia per le tensioni nel Nord del Kosovo, e negli stessi Paesi Africani, continente povero e instabile. Va meglio per l’Asia e l’America Latina. Inoltre, rientra nel discorso il vicepresidente Cai Vincenzo Starita, “ci sono dei Paesi dove il nazionalismo è imperante. Penso, ad esempio, all’Etiopia e alla Bielorussia, che considerano l’adozione quasi una deportazione in Paesi stranieri”. Secondo Gemma Tuccillo, già capo del Dipartimento per la giustizia minorile per le comunità, e attualmente consigliere giuridico del Ministro della Giustizia minorile, “nel mondo alle adozioni non si conferisce abbastanza importanza, se si pensa alla delicatezza e alle difficoltà del percorso adottivo, a partire dall’acquisizione delle coppie della consapevolezza della sfida del percorso adottivo e profondissimo valore della scelta dell’adozione”. Su questa falsariga, le parole di Marina Virgillito, presidente dell’associazione Asa Onlus di Catania. “L’Italia è uno dei Paesi in cui il percorso giudiziario è buono, ma intrecciare con le autorità centrali dei Paesi è fondamentale guardando più all’esigenza degli adulti e non bambini”.